2015-06-29 17:35:00

Legge contro tortura: più impegno dai cristiani


"Ai cattolici io dico: torturare una persona è peccato mortale, è peccato grave! Ma di più, è un peccato contro l'umanità!". Queste parole di Papa Francesco, pronunciate il 19 agosto 2014, sono tornate di attualità in occasione della 'Giornata internazionale per le vittime di tortura', celebrata il 26 giugno scorso, e del dibattito politico accesosi in Italia circa l'inserimento del reato di tortura nel codice penale. Nella ricorrenza, Amnesty International ha ricordato che, negli ultimi cinque anni, si sono registrati casi di tortura o maltrattamenti in 141 paesi, e questo a 31 anni dall'entrata in vigore della Convenzione Onu contro la tortura, ratificata da 157 paesi. 

Un crimine contro l'umanità che in Italia non è reato

A sottolineare la distanza culturale e umana tra le parole del Papa e il dibattito politico italiano, rimbalzato sui media nei giorni scorsi, è Patrizio Gonnella, presidente dell'Associazione Antigone. "La tortura - sottolinea Gonnella - è un crimine contro l'umanità, ma in Italia non è reato. Mentre è reato in tutti gli altri Paesi che hanno ratificato la convenzione Onu. E' un crimine diffuso, ma non solo nel terzo mondo. E' una pratica di cui non si è liberato il mondo cosiddetto democratico e neanche il nostro Paese". "Secondo l'Onu - ricorda Gonnella - affinché ci sia 'tortura' debbono ricorrere quattro elementi: un pubblico ufficiale, la minaccia o la violenza, la sofferenza fisica o psichica e l'intenzionalità". "Purtroppo viviamo in un mondo brutalizzato in cui certe pratiche sono ritenute giustificabili. La democrazia, invece, consiste proprio in questo: saper trattare il peggiore dei criminali rispettando le regole dello Stato di diritto". A proposito del recente scontro politico esploso in Italia dopo le proteste del Sap (Sindacato autonomo di Polizia), Gonnella precisa: "Il reato di tortura non è pensato contro le forze di polizia, ma a favore di tutti quei polizotti, e sono la maggiorparte, che agiscono nel solco della legalità e correttamente". 

Laici poco impegnati contro la tortura

"Più drastici sono i patti internazionali per contrastare la tortura più si cerca di coprire questo malcostume sotterraneo diffuso in molti paesi" Lo afferma Massimo Corti, presidente dell’Associazione Acat-Italia (Azione dei cristiani per l’abolizione della tortura). "Come cristiani di diverse confessioni - spiega Corti - noi seguiamo l'invito del Papa a non concentrarci solo sulle differenze teologiche, ma a rimboccarci le mani e fare del bene". "Troviamo assurdo che in Italia non ci sia il reato di tortura", aggiunge il presidente di Acat-Italia. "La manifestazione del Sap è la prova che nel nostro Paese esiste un partito sotterraneo che, con motivazioni pretestuose, non vuole questo reato". "Sui diritti umani, soprattutto quelli dei migranti, il Papa e la Chiesa parlano chiaramente", conclude il presidente di Acat-Italia. "Purtroppo, a dispetto della semplicità del messaggio evangelico, questi messaggi spesso non arrivano chiaramente nelle omelie domenicali delle nostre parrocchie e i laici non sembrano molto impegnati su questo fronte". "Anche la differenza che si fa oggi tra migranti e richiedenti asilo - aggiunge Corti - in nome di Cristo io non la farei".  

La connessione tra potere e violenza

"Non dobbiamo meravigliarci che la tortura sia ancora così diffusa. Purtroppo c'è un'interconnessione del male con il bene", spiega Luigi Tarca, ordinario di filosofia teoretica e direttore del Cestudir, Centro Studi dei diritti umani, presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. "Se noi intendiamo il positivo come il 'non-negativo', cioè come qualcosa che è negativo nei confronti del negativo, il positivo viene ad essere negativo". "Un'altra delle cause della diffusione di una pratica come la tortura - spiega ancora il filosofo - è la capacità del male di cambiare volto. Quasi sempre noi riconosciamo solo il male di ieri. Ma in tal modo favoriamo il carnefice di oggi, se esso acquista il voto di colui che ieri era la vittima". "Qualsiasi mezzo buono può rovesciarsi in qualcosa di cattivo se cambia il contesto. Basti pensare alla frequente odierna legittimazione del male minore". "Se una qualsiasi violenza è ritenuta legittima - spiega Tarca - allora qualsiasi violenza può essere legittima". "Eppure questi dati - prosegue il filosofo - dovrebbero spingerci a prendere più sul serio il Vangelo". "Bisogna saper cogliere - conclude - la stretta connessione che vi è tra il potere e la violenza. Il potere è spesso basato sulla legittimazione del danneggiamento nei confronti di esseri umani ritenuti colpevoli o ingiusti. Ma Socrate diceva che qualsiasi danneggiamento inferto a un uomo, sia esso giusto o ingiusto, è sempre un atto di ingiustizia".   








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