2015-06-25 13:20:00

Onu condanna attentato al Shabab contro Emirati a Mogadiscio


Preoccupazione e condanna della Comunità internazionale dopo l’attacco sferrato, ieri, dai miliziani somali di al-Shabab contro un convoglio dell'ambasciata degli Emirati Arabi Uniti nel centro di Mogadiscio che ha provocato 6 vittime. Illeso l’ambasciatore. L’Onu ha parlato di "atto vile e crudele", mentre l'Egitto sta spingendo per una soluzione internazionale che metta fine al terrorismo. E' la prima volta tra l’altro che il gruppo islamista affiliato ad al Qaeda prende di mira Abu Dhabi e i musulmani. Al microfono di Cecilia Seppia, il commento di Massimo Alberizzi, corrispondente del "Corriere della Sera":

R. – Terrorismo vuol dire seminare il terrore. E questo terrore in Somalia viene seminato, appunto, in vari modi: o con un attentato eclatante come quello di ieri oppure con piccoli attentati alle stazioni di polizia, omicidi mirati, regolamenti di conti per fare in modo che i somali siano terrorizzati e quindi non si muovano e non facciano nulla contro gli Shabaab, per esempio. Bisogna sapere che l’Intelligence si basa proprio sui cittadini che denunciano movimenti sospetti. Se i sospettati reagiscono, terrorizzando la popolazione, si bloccano anche le linee dell’informazione e questo è quello che vogliono raggiungere gli Shabaab.

D. - Non è un caso che proprio gli Emirati Arabi siano finiti nel mirino degli Shabaab. Come leggere questo attentato?

R. – Di solito gli arabi, i musulmani in generale, i sunniti però in particolare, sono quelli che non sono colpiti dal terrorismo, perché comunque il terrorismo è di al Qaeda, e quindi gli Shabaab, che sono la filiale somala di al Qaeda, sono sunniti. Invece, in questo caso, sono stati colpiti dei sunniti. Quindi la violenza si sta radicalizzando ancora di più, in piccole frazioni durissime, che colpiscono non più solamente per motivi religiosi, ma per motivi politici, anzi, secondo me anche per motivi economici. Bisogna fare attenzione, perché la Somalia, avendo trovato enormi giacimenti di petrolio, è diventata un Paese “appetibile”.

D. – Ricordiamo anche che gli Emirati Arabi forniscono sostegno militare al governo somalo contro i terroristi. Non sono gli unici, perché ovviamente ci sono 22 mila soldati dell’Unione Africana, di cui fanno parte tra gli altri il Burundi, l’Etiopia, il Kenya, l’Uganda. Quindi fondamentalmente nel loro obiettivo, c’era quello di colpire quelli che chiamano “i nemici della Somalia”…

R. – Sì, anche se è piuttosto strano, perché tutti i Paesi, in questo momento, sono Paesi non musulmani. Quindi sono il nemico più visibile. Però, potrebbe anche essere che gli Emirati fossero l’obiettivo più facile da raggiungere. Mentre gli etiopici – per esempio – o gli ugandesi, che sicuramente sono a Mogadiscio, sono protettissimi, si muovono con scorte armate enormi e con blindati. Attenzione poi, perché gli Shabaab hanno dichiarato guerra durante il Ramadan e hanno detto: “Saranno intensificate le nostre azioni militari contro i nemici”. E questa è stata la prova più evidente.

D. – L’Onu ha condannato il gesto ed è arrivata una condanna anche dall’Egitto. Proprio dal governo di al Sisi è giunto il monito per coordinare gli sforzi, sia internazionali sia regionali, per sconfiggere il terrorismo in tutte le sue forme. Allora, si può ancora fare questo? Si può procedere verso la stabilizzazione dell’area?

R. – Si può ovviamente procedere, intensificando le azioni militari, gli attacchi con elicotteri. Io, però, francamente non credo che sia una strategia vincente, proprio perché – tra le altre cose – qui si vive nel terrore, quindi non è facile neanche reclutare dei soldati. Mentre il reclutamento degli Shabaab è più “semplice”, nel senso che possono reclutare con estrema facilità questi giovani che non hanno futuro, non hanno possibilità di lavoro, con l’illusione di offrire loro chissà cosa. La Somalia è una giungla in guerra da 20 anni, non dimentichiamolo! La strategia, quindi, secondo me, non può essere solamente una strategia militare di muscoli con cui arrivi e distruggi tutte le basi e tutte le armi degli Shabaab, ma deve essere una strategia che, dall’interno degli Shabaab, impedisce il reclutamento di questa gente.








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