2015-06-12 13:20:00

Nigeria, Boko Haram: Abuja comanda nuova forza regionale


Ancora violenze in Nigeria, proprio quando Abuja prende il comando della nuova forza regionale di oltre ottomila uomini, che dovrà essere dispiegata entro il prossimo 30 luglio per contrastare l’avanzata di Boko Haram. Gli estremisti islamici hanno infatti attaccato Matangale, Buraltima e Dirmanti, tre villaggi nello Stato nordorientale di Borno, uccidendo almeno 40 civili. Dal 2009, la violenza di Boko Haram ha già provocato oltre 15 mila morti. Ora, il nuovo presidente, Muhammadu Buhari, si è fatto promotore della formazione di una Forza d’intervento congiunto multinazionale (Mnjtf), formata – oltre che da soldati nigeriani – anche da truppe di Camerun, Ciad, Niger e Benin, in sostituzione della coalizione regionale operativa nei mesi scorsi. Sulle caratteristiche della nuova forza, Giada Aquilino ha intervistato Raffaello Zordan, della rivista comboniana Nigrizia:

R. – Il tema di Boko Haram non è un problema di sicurezza solamente della Nigeria, ma di una vasta area di Paesi limitrofi. Il presidente precedente, Goodluck Jonathan – ricordiamo che Buhari, cioè il presidente attuale, è stato eletto lo scorso marzo ed è entrato in funzione di fatto a maggio – aveva avuto un atteggiamento un po’ remissivo nei confronti di questa situazione, cioè aveva evitato di prenderla in mano con forza. Questo nuovo eletto è evidente che deve dare un segno di discontinuità anche per rassicurare il Ciad, il Camerun e il Niger che sono preoccupati da questa situazione. Però, Boko Haram non è solo un problema di sicurezza, per la Nigeria: c’è anche la questione di risolvere le arretratezze economiche soprattutto delle regioni del nordest che sono la "fucina" di questa formazione. Le cause di questo jihadismo si chiamano povertà, incapacità di portare servizi a quelle popolazioni, tenerle ai margini dell’economia nigeriana che, ricordiamo, è la prima del continente. Quindi, questa operazione militare ha un senso se è inserita dentro tale contesto.

D. – I Boko Haram a cosa puntano?

R. – Sono nati come un movimento di contrapposizione sociopolitica al governo centrale di Abuja, in Nigeria. Si fondono dentro questa insoddisfazione delle popolazioni. Certo, adesso hanno assunto una tonalità ideologica terrorista, che non ha nulla a che vedere con rivendicazioni, anche molto forti, fatte ad esempio attraverso manifestazioni di piazza. Portano avanti l’idea di creare in Nigeria e dove possono, nel bacino del lago Ciad, un insediamento di Stato islamico, se vogliamo chiamarlo così.

D. – Al di là dell’aspetto militare, rimane l’emergenza umanitaria: come può essere affrontata anche oltre le frontiere nigeriane? Perché, come anticipato, riguarda il Camerun e altri Paesi che sono coinvolti nella coalizione…

R. – Temo che in questo ambito il nuovo presidente dovrà puntare sul secondo aspetto della sua controffensiva postelettorale, quello della corruzione. Non dimentichiamo che la Nigeria è un Paese davvero corrotto: basti pensare che perfino l’Agenzia nazionale contro la corruzione è corrotta. Quindi, pensare di mettere in piedi una macchina di soccorsi, campi profughi e quant’altro in una situazione del genere è evidente che diventa alquanto dispendioso per lo Stato.








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