2015-06-09 11:28:00

Mons. Gallagher: ai radicalismi opporre una fede autentica


Un pensiero alla fruttuosa e intensa visita di Papa Francesco a Sarajevo ha aperto l’incontro dedicato a Religioni e dialogo a Strasburgo, presso il Consiglio d’Europa, di cui è presidente di turno la Bosnia Erzegovina. A promuovere l’iniziativa è stata la missione permanente della Santa Sede presso il Consiglio stesso, quale tappa di riflessione in vista del seminario che si terrà proprio a Sarajevo l’8 e il 9 settembre prossimi. Da Strasburgo, la nostra inviata Fausta Speranza:

Obiettivo comune la costruzione di società inclusive. A parlarne, per la Santa Sede, il segretario per i Rapporti con gli Stati, mons. Paul Gallagher:

R. – Io credo sulla base della libertà religiosa come diritto fondamentale. Noi possiamo creare uno spazio di dialogo, che ci può permettere di creare le condizioni necessarie per società inclusive.

D. – E come combattere i radicalismi e i fondamentalismi?

R. – Credo con un’attenzione alle origini, diciamo, delle inquietudini della nostra società. E poi, a livello di dimensione religiosa, combattendo l’ignoranza, riaffermando anche una interpretazione delle religioni – che sia cristianesimo, islam o ebraismo – con una interpretazione autentica di questa nostra fede.

D. – E’ emerso il rischio di una laicità che fa fuori le religioni: è ancora così o si è riscoperto il valoro delle dimensione religiosa nel dialogo interculturale?

R. – C’è sempre il rischio. Però, anche in base a quando detto qui, mi sembra che anche il rappresentante del governo francese abbia detto che è possibile avere una visione positiva della laicità dello Stato, della Costituzione, che permetta questa libertà religiosa. Non deve essere una cosa negativa, ma una cosa positiva, in cui possono fiorire le comunità religiose, le fedi religiose e un dialogo tra di loro. In quel senso, lo Stato laico può avere un valore e un ruolo molto importante.

D. – Il contributo della visita di Papa Francesco a Sarajevo a tutto ciò?

R. – La visita del Santo Padre a Sarajevo, sabato scorso, è stata veramente un viaggio molto positivo: si vedeva dai volti della gente che era lì. Si vede che lui è voluto andare per incoraggiare queste comunità diverse di culture diverse, di religioni diverse, a collaborare insieme per creare un Paese e una società unita. Soprattutto, ha incoraggiato i giovani ad andare avanti, a cercare una riconciliazione, a confermare la fraternità e l’amore per il loro Paese e per tutti i componenti della loro società.

D. – Vent’anni dopo, la guerra Sarajevo può essere da esempio?

R. – Credo che Sarajevo, sì, lo possa essere. Il Papa ha sottolineato che c’è un enorme potenziale: Sarajevo e la Bosnia ed Erzegovina possono essere un grande esempio! Però, dobbiamo anche dire che c’è ancora molto lavoro da fare, come purtroppo in molti altri posti del mondo. Quello di cui dobbiamo renderci conto è che viviamo un momento storico molto delicato. E’ doveroso, quindi, che tutti noi, rappresentanti religiosi, fedeli e cittadini, lavoriamo insieme per i nostri Paesi e per le nostre città per costruire la pace, per far comprendere sempre di più la ricchezza della diversità, per combattere il fondamentalismo e l’estremismo e per essere veramente agenti di pace nelle nostre società. Perché viviamo un momento molto, molto difficile, senz’altro.

A ricordare l’attenzione che la comunità internazionale deve prestare ai valori religiosi è stato il relatore speciale delle Nazioni Unite, Heiner Bielefeldt, che raccomanda: “Attenzione a una mal pensata laicità, che fa fuori le religioni dal dialogo”.








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