2015-06-04 14:14:00

Rapporto Caritas-Migrantes: lavoro immigrati vale otto punti del Pil


In un convegno in corso a Milano, nella cornice dell’Expo, è stato presentato oggi il 24.mo Rapporto Nazionale Caritas-Migrantes. Presenti all’evento anche il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, il direttore della Caritas Italiana, don Francesco Soddu e il neo presidente di Caritas italiana, il cardinale Francesco Montenegro. Proprio quest’ultimo, al microfono di Gabriele Beltrami, ha commentato il rapporto tra impegno della Chiesa e nuove povertà:

R. – La società in cui viviamo è una società un po’ particolare: sta perdendo valori, si sta frantumando, si sta sbriciolando. L’egoismo sembra che prenda il sopravvento e quindi il rispetto dell’altro e l’attenzione all’altro non c’è! Io credo che soprattutto noi credenti abbiamo delle “istruzioni per l’uso” che sono preziose per poter andare controcorrente, ma anche per vivere la buona vita in questa società. Mi riferisco alle Beatitudini. Può sembrare strano che uno debba appellarsi a quella pagina che sembra che dica tutt’altro, ma se quei valori delle Beatitudini diventano stile di vita, credo che certi scandali, certe situazioni, certe povertà non saranno più così come sono, perché se si sta facendo acqua è perché i valori sono scomparsi. Allora tocca a noi credenti rimettere in campo quei valori, senza timore che gli altri possano prendere le distanze. E se Gesù è morto in Croce è perché ci ha creduto in quello che diceva e non è morto tra lenzuola profumate perché ha voluto ad ogni costo dire come l’uomo sia al centro.

D. – Questo tema di oggi come si situa in un impegno concreto della Chiesa, della Caritas italiana?

R. – Il Papa ci sta dando tutte le indicazioni. Non si può pensare a un mondo, a una Chiesa senza pensare a chi è povero. E allora mettere il povero al centro, ripartire dagli ultimi forse è la formula segreta che dovremmo utilizzare di più per poter reimpostare e resettare il nostro lavoro nella società. Purtroppo gli ultimi li stiamo continuando a lasciare dietro la fila e non riusciamo ad avere gli input che loro ci danno.

D. – Don Francesco Soddu, la Caritas ha organizzato una giornata come questa proprio all’Expo: quale messaggio intendete trasmettere circa il binomio lavoro e migranti?

R. – Questa domanda si pone naturalmente all’interno del contesto del tema dell’Expo, perché i migranti e il lavoro con il cibo hanno sicuramente a che fare.  Molti si muovono, soprattutto oggi, così come ci ha ricordato Papa Francesco, per motivi legati non soltanto al lavoro, ma legati anche al cibo e quindi all’equa distribuzione dei beni della terra, da cui possono nascere la solidarietà e la giustizia. Però molto è ancora sommerso dal fango dell’ingiustizia, delle guerra, della sopraffazione. Pertanto la nostra presenza qui vuole essere la rappresentanza di tutte queste persone che, in tutti i casi, rappresentano il mondo dei poveri, dei poveri tra i poveri.

D. – Mons. Nunzio Galantino, quale l’impegno della Chiesa Italiana per i migranti?

R. – Mi pare che sia sotto gli occhi di tutti l’attenzione che la Chiesa italiana sta vivendo e sta aiutando anche a far vivere nei confronti di questa realtà, che è quella dei migranti. Soprattutto mi pare che il nostro impegno, l’impegno della Chiesa italiana stia nell’aiutare a capire che dietro quei volti ci sono delle storie, che quelle persone arrivano da noi anche con la loro qualifica, con la loro capacità di aiutarci a produrre di più: non dimentichiamo che in Italia 8 punti di Pil sono da attribuire agli immigrati, a coloro che lavorano non solo con noi ma anche per noi.

 

“Viviamo nella pratica dell’accoglienza ma siamo bombardati da messaggi distorti di cattiveria e negatività”. Lo ha sottolineato il cardinale Francesco Montenegro, presidente di Caritas Italiana, proprio alla presentazione del Rapporto Immigrazione Caritas e Migrantes, dal titolo “Migranti, attori di sviluppo”. Un documento nel quale si descrive la situazione della mobilità internazionale. Benedetta Capelli ne ha parlato con Oliviero Forti, responsabile immigrazione di Caritas Italiana:

R. – Da un lato registriamo una costante crescita dell’immigrazione a livello globale. In Italia la crisi ha determinato un arresto delle indicazioni e dei motivi di lavoro, ma chiaramente stiamo vivendo un aumento delle migrazioni forzate, quelle collegate cioè alle crisi internazionali.

D. – I migranti sono impegnati in settori strategici dell’economia Italia?

R. – I migranti costituiscono un importante contributo all’economia italiana: pensiamo che l’8,8 del Pil nazionale è frutto del contributo e del lavoro dei cittadini stranieri. E’ chiaro che molte di queste attività sono ancora caratterizzate da una dimensione di sfruttamento, da una dimensione di precarietà, di lavoro nero ed è proprio su questi ambiti che noi cerchiamo di contribuire come Caritas per far uscire queste situazioni dal grave sfruttamento.

D. – Sono proprio queste le caratteristiche che descrivono il lavoro immigrato, ci sono anche delle ripercussioni sociali non indifferenti…

R. – Assolutamente! La percezione che nasce spesso da queste realtà è di una immigrazione che non risulta essere utile al nostro Paese, quando invece anche chi lavora in queste condizioni di grave marginalità è attore di uno sviluppo che poi noi registriamo sulle nostre tavole. Pensiamo solo ai pomodori che vengono raccolti e diventano salsa per la nostra pasta o ai succhi di arancia che sono il frutto del lavoro a Rosarno di migliaia di persone che, sottopagate e senza contratti, garantiscono il cibo a tanti italiani e non solo.

D. – Nel suo intervento lei ha parlato delle cosiddette “3d”, che caratterizzano proprio il lavoro immigrato: di che si tratta?

R. – Le “3d” si riferiscono al lavoro degli immigrati e sono sostanzialmente l’iniziale di tre termini: dirty, dangerous and demanding, ovvero lavori di basso profilo, pericolosi, spesso sporchi, ma sporchi perché evidentemente vengono svolti in condizioni ambientali non adeguate ed anche difficili e pericolose. Questo è un mercato del lavoro che – non in tutti i casi, vorrei sottolinearlo – riguarda i lavoratori stranieri.

D. – Il legame con l’Expo è dovuto anche a due argomenti che avete preso in considerazione: il cibo come causa dell’emigrazione e il cibo come occasione di sviluppo. Come avete declinato queste due tematiche?

R. – Il cibo, nell’attività quotidiana di lavoro con i cittadini immigrati, è una parte centrale - penso solo a progetti come quelli degli “orti solidali” che abbiamo implementato in tante parti del nostro Paese, da Roma fino ad alcune regioni del Nord – e vedono nell’attività agricola un’occasione di sviluppo per la società, per il territorio, ma anche di grande emancipazione professionale e umana per i migranti. Quindi il cibo veramente come luogo per ritrovare quell’equilibrio tra – ripeto – uno sfruttamento che in alcuni casi è dilagante e  come occasione di sviluppo umano e professionale.

D. – Nel suo intervento il cardinale Montenegro ha detto: “Viviamo nella pratica dell’accoglienza, ma siamo bombardati da messaggi distorti, di cattiveria e di negatività”. In questo senso il rapporto Caritas-Migrantes fotografa proprio una realtà diversa…

R. – Decisamente! Siamo ormai in un periodo nel quale quotidianamente vengono dati in pasto all’informazione situazioni di malcostume che, però noi diciamo, non devono in alcun modo inficiare né gettare un’ombra sulle migliaia di persone che stanno lavorando a sostegno e a tutela di queste persone. Quindi, senza nulla togliere alla necessità di estirpare tutto ciò che in qualche modo viene condotto in forma criminale, ricordiamo che però oltre il 90 per cento di quello che si fa nel nostro Paese è certamente buono, virtuoso e da sostenere.








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