2015-06-04 15:10:00

Assemblea Pom: la testimonianza dal Sud Sudan


L’opera missionaria in Sud Sudan: non più solo sviluppo di strutture ma sviluppo dell’essere umano nella sua totalità. E’ questa l’esigenza primaria dell’ evangelizzazione nel Paese africano e può essere uno strumento valido anche per riportarvi la pace. E’ quanto racconta al microfono di Gabriella Ceraso, padre Mark Opere Omol della diocesi di Torit in Sud Sudan. La sua testimonianza in occasione dell’Assemblea generale delle Pontificie Opere Missionarie (Pom) in corso a Roma:

R. – L’interesse che mi spinge, come rappresentante della Chiesa cattolica sud-sudanese, è soprattutto l’invito del Santo Padre a promuovere il volto di una Chiesa che va nelle periferie per incontrare le persone. Intanto è una risposta a questo invito, poi c'è anche il desiderio di portare il contributo preciso della mia Chiesa, spiegare cioè come la mia Chiesa locale vive l’impegno missionario oggi.

D. – Che cosa riuscite a fare voi come Opere missionarie, e che cosa invece manca alla vostra azione?

R. – Considerata la situazione attuale, abbiamo capito che ottenere l’indipendenza dal nord del Paese, non era sufficiente. Abbiamo preso seria coscienza del fatto che c'è un preciso impegno da intraprendere, con la massima priorità: l’evangelizzazione. Il nostro compito è questo, evangelizzare tutte le persone che è anche la salvezza per il Paese. Un punto importante, secondo me fondamentale, che va sottolineato in questa Assemblea, è quello di passare dai progetti e dallo sviluppo delle strutture, ai programmi cioè allo sviluppo delle persone. Quindi evangelizzare oggi vuol dire sviluppare l’uomo nella sua totalità: la mente, la psiche, il cuore, l’animo, e lo spirito, in modo che sia capace e recettivo delle esigenze e i valori del Vangelo.

D. – Questo si può fare anche in un’area di guerra, come quella del vostro Paese?

R. – L’uomo ha bisogno di approfondire il Vangelo per poter capire l’importanza del vivere fraterno, della coesistenza pacifica, della bontà, della solidarietà, della misericordia, ecc. Se ora ci impegniamo di più nel campo dell’evangelizzazione, le cose cambieranno. Questa è una guerra diabolica, che dice "assenza di Dio nella vita di ciascuno"; quindi bisogna riportare Dio nella vita,è questo il nostro compito.  

D. – Ci sono particolari difficoltà che la vostra Chiesa locale vive?

R. – Ora come ora, la difficoltà è proprio come riconciliare le persone, e il Paese, fortemente spaccato a causa del conflitto attuale. Questo non è un progetto sociale è un progetto ecclesiale, missionario, pastorale, preciso che i vescovi hanno messo a punto. Poi ci sono difficoltà per quanto riguarda i mezzi, le strutture… Noi cercheremo d’ora in poi di attivare un’altra logica, che consiste nel mettere l’uomo al centro e nell’ impegnarsi per il suo sviluppo, in modo che poi sia la persona stessa a sentire l’esigenza di sviluppare le cose che usa nella  vita. Questa è la rivoluzione mentale che quest’Assemblea sta portando al centro dell’impegno pastorale, soprattutto nelle Chiese giovani.








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