2015-06-03 11:42:00

Ocse, ripresa c'è ma poca produttività. In Italia più lavoro


In Grecia, servono le riforme per far ripartire crescita e investimenti. Lo afferma l’Ocse che oggi a Parigi ha presentato l’"Economic Outlook". Sul fronte globale, la crescita globale "si rafforzerà gradualmente” e verso la fine del 2016 ritornerà al livello pre-crisi, anche se ci sono spazi per migliorare ancora. Sul fronte lavoro arrivano notizie positive in Italia. Per l’Istat, la disoccupazione ad aprile è scesa al 12,4%. Il servizio di Alessandro Guarasci:

La ripresa c’è a livello globale, eppure per l’Ocse “le prospettive non sono soddisfacenti: nonostante i venti favorevoli e le azioni politiche, l'investimento reale è stato tiepido e la crescita della produttività deludente”. Fatto sta che l’organizzazione di Parigi taglia le stime del Pil. Sull'area Ocse si attende rispettivamente un +1,9% sul 2015 e +2,5% nel 2016, sull'area euro +1,4% e +2,1%. Meglio vanno gli Usa. Difficile, molto, la situazione in Grecia dove, dice l’organizzazione, “le incertezze legate al programma di riforme e al deterioramento  delle condizioni di liquidità hanno minato la fiducia delle imprese e  gli investimenti”.
Per l’Italia ci sarà un +0.6 nel 2015 e 1.5% nel 2016. Le riforme però devono essere portate avanti. D’altronde, sul mercato del lavoro, per l’Ocse effetti positivi arriveranno dal "Jobs Act". E proprio dal lavoro arrivano buone notizie. Per l’Istat, la disoccupazione ad aprile è scesa al 12,4% dopo l'incremento degli ultimi due mesi. Rispetto al mese prima, si contano 159 mila occupati in più. Renzi chiede di andare avanti con le riforme. Il parere di Gigi Petteni, segretario confederale Cisl:

“Io credo che gli sgravi alle assunzioni siano un incentivo. E’ vero che in questa prima fase c’è molta trasformazione di lavoro: noi stiamo concludendo molti accordi, secondo i quali i lavoratori che venivano assunti con collaborazioni e così via vengono portati a contratti a tutele crescenti. Per cui, da un lato questa riforma sta dando alcuni primi risultati che riguardano anche la qualità del lavoro, che io non sottovaluterei, perché uno dei problemi forti degli ultimi anni è stato anche quello di un degrado delle forme di lavoro. E' chiaro che se incominciamo a far costare meno i contratti a tempo indeterminato e incominciamo a far pagare meno l’Irap rispetto agli assunti, tutto questo è uno stimolo a incentivare il livello di occupazione. Però, siamo all’inizio. Il nostro Paese, un Paese manifatturiero, deve porre grande attenzione, più di quanto non sia stato fatto in passato, a fare una politica industriale perché questa è una base forte della formazione e della ricchezza del nostro Paese. I Paesi in cui il livello del manifatturiero industriale è buono, sono anche i Paesi che hanno una maggiore inclusione sociale”.

Per il giurista esperto di lavoro, Nunzio Bevilacqua, è ancora troppo presto per dire se la ripresa dell’occupazione è frutto del "Jobs Act":

"Il clima favorevole per le politiche di assunzione, comunque, conta tanto. Certo, dire che queste oscillazioni sul breve termine possano essere la diretta conseguenza delle politiche del "Jobs Act", forse è ancora troppo presto: bisognerà attendere la fine del terzo trimestre di quest’anno. Certo è che comunque, per quanto riguarda le politiche del lavoro, le nuove normative che sono entrate in campo hanno comunque iniziato a sortire i primi effetti. Ora, bisognerà cercare di coltivare questo clima anche attraverso una successiva collaborazione, anche eventualmente con il governo. Diciamo che se riusciamo ad allineare una diminuzione del costo del lavoro con un aumento della domanda interna e uno snellimento burocratico, le tre componenti insieme potranno farci pensare che presumibilmente a fine anno ci possa essere un aumento consolidato dei dati occupazionali".








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