2015-06-03 13:45:00

Cappellano carcere Civitavecchia: dal Papa segni di speranza


In Piazza San Pietro oggi, tra i fedeli presenti all'Udienza generale, anche una rappresentanza della Casa Circondariale di Civitavecchia a testimonianza della grande attenzione e del profondo interesse che chi vive e chi lavora in carcere nutre nei confronti del messaggio e del carisma di Papa Francesco. Il servizio di Davide Dionisi:

“Una Chiesa povera è una Chiesa che pratica una volontaria semplicità nella propria vita – nelle sue stesse istituzioni, nello stile di vita dei suoi membri – per abbattere ogni muro di separazione, soprattutto dai poveri”.

 Le parole di Papa Francesco pronunciate oggi nel corso dell’Udienza generale hanno commosso e, al tempo stesso, spronato chi lavora ogni giorno affinché quel muro non venga mai eretto. Tra questi, i rappresentati della Casa Circondariale di Civitavecchia che hanno voluto portare al Papa il messaggio, le preghiere e, non ultimo, l’affetto dei detenuti  Il racconto della giornata nella testimonianza del cappellano, Don Lazare Relewende Yelyaore: 

R. – L’emozione di questa mattina è stata grandissima. Noi ci siamo preparati per incontrare il Santo Padre e siamo venuti carichi della gioia di questi detenuti, che volevano salutare il Santo Padre di persona. Ci hanno chiesto di salutarlo, dunque, e di riportare a casa con noi la speranza e la fede che trasmette Papa Francesco a chi sta nelle periferie, nel carcere, che è una realtà molto complessa.

D. – Qual è la situazione del carcere di Civitavecchia?

R. – Il carcere di Civitavecchia accoglie 450 detenuti e ha una fisionomia particolare, perché è vicino all’aeroporto e quindi accoglie tantissime persone, che partono per il viaggio della speranza e che finiscono lì. Ci troviamo, quindi, a gestire situazioni umane alcune volte non facili. Approfitto del microfono per dire a chi ci può aiutare, che ci venga in aiuto in tutto, per poter ridare speranza anche a chi è già deluso del proprio viaggio e aspetta di vedere il volto umano di Cristo anche in questo contesto carcerario.

D. – Cosa pensano i detenuti di Papa Francesco?

R. – I detenuti sono entusiasti. Quando abbiamo detto che andavamo dal Papa, tutti volevano venire; c’è stato un momento di entusiasmo in chiesa; erano contenti. Chi non poteva venire ha detto: “Padre, le mando una lettera per Papa Francesco, una poesia”. Sono colpiti dal messaggio del Papa e vogliono incontrarlo. Mi dicono: “Padre, quando vai, dì a Papa Francesco che l’aspettiamo qui a Civitavecchia, l’aspettiamo”. E’ così: Papa Francesco porta entusiasmo nelle carceri.

D. – Cosa racconterete agli ospiti di Civitavecchia della giornata di oggi?

R. – Della giornata di oggi noi riportiamo semplicemente la benedizione del Santo Padre, riportiamo la gioia del Santo Padre, la speranza che il Santo Padre ci ha dato, per ritrasmetterla anche nel nostro operare quotidiano.

D. – Cosa vuol dire essere cappellano a Civitavecchia?

R. – Essere cappellano a Civitavecchia significa tante cose: un’assistenza sia spirituale che materiale. Il lavoro è quello di incontrare i giovani, parlare con loro, incoraggiarli, ascoltare le storie, ridare a ciascuno la speranza e la gioia. E’ un lavoro che prende tante energie, tanto tempo.

D. – Lei è un sacerdote camilliano, quindi ha un quarto voto, ispirato a San Camillo De Lelli: è pronto, quindi, a dare la sua vita per gli ammalati. Un camilliano all’interno di un istituto di pena: qual è il suo approccio?

R. – Io mi sono ritrovato un po’ come in un ospedale. Perché, se conosce l’esperienza di San Camillo, lui si occupava dei malati, ma andava nelle carceri a visitare i carcerati. Fa parte quindi del carisma camilliano. E’ sempre la compassione di Cristo che dobbiamo portare alla persona che soffre. La prima sofferenza, infatti, che abbiamo è quella di essere privati della libertà, di trovarsi in un ambiente chiuso come quello del carcere. Lì dentro quindi questo provoca una grandissima sofferenza. Come camilliano, quello che cerco di fare è: testimoniare la compassione di Cristo, cercare di sollevare e far sentire a ciascuno la vicinanza di Cristo e anche questo volto della Chiesa, che sta lì semplicemente come segno di speranza e che fa quello che riesce a fare con fede, con speranza e con carità.








All the contents on this site are copyrighted ©.