2015-06-01 10:56:00

Castel S. Angelo: "Lo Stato dell'Arte: L'Arte dello Stato"


A Castel Sant'Angelo, è stata inaugurata nei giorni scorsi, e si protrarrà fino al 29 novembre, la mostra "Lo Stato dell'Arte: l'Arte dello Stato" ideata dal Centro Europeo per il Turismo. L'allestimento raccoglie capolavori acquisiti dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo o donate da privati per accrescere il patrimonio culturale italiano. Eugenio Murrali ha intervistato Mario Lolli Ghetti che insieme con Maria Grazia Bernardini ha curato l'esposizione:

R. – E’ una mostra che presenta un aspetto poco noto o forse proprio negletto della politica del nostro Ministero, dello Stato italiano nei confronti dei beni culturali e cioè quello delle acquisizioni. Si parla in continuazione di sovrabbondanza di opere nei nostri musei, di vendita dei materiali di deposito e si ignora, invece, che nel frattempo il Ministero continua, silenziosamente o a volte anche con grande clamore mediatico, ad acquisire moltissime opere d’arte. Una elencazione che è strabiliante, perché ci sono opere che vanno dalla più remota antichità fino al contemporaneo, a volte di qualità eccezionale. Quello che è importante spiegare è che le acquisizioni delle opere sono mirate a riempire vuoti nelle collezioni, a completare delle serie storiografiche, a chiarire i nessi tra le opere che già esistono nei Musei. Insomma, in una parola, a ricostituire quel tessuto connettivo delle arti, che è molto importante.

D. – Quali sono i punti forti della mostra, le opere salienti?

R. – La mostra intende presentare opere che siano poco note e poco conosciute. Quindi, mancheranno opere che, invece, sono state molto pubblicizzate quando sono state acquisite: sia perché sono opere molto conosciute, e che sono state spesso già esposte e quindi diventerebbero quasi dei doppioni di esposizione, sia perché intorno a certe opere c’è stato un eccessivo clamore mediatico, mentre meriterebbero altre fonti e altri modi di approfondimento, divversi da una mostra come questa, che è piuttosto antologica. Quindi, non ci saranno i capolavori assoluti, anche perché – diciamo la verità – i capolavori assoluti sono difficili da comprare, compaiono raramente sul mercato e a prezzi che non sono accessibili per i bilanci dello Stato. Invece quello che si è comprato, e che viene presentato in mostra, sono le opere del tessuto che una volta si dicevano “le opere minori”, ma che minori assolutamente non sono, perché costituiscono invece quel tessuto connettivo dentro il quale le grandi opere e i grandi capolavori prosperano, si sviluppano e possono essere compresi.

D. – Vi sono ovviamente anche opere di ispirazione religiosa…

R. – L’arte italiana è per buona parte un’arte religiosa, ovviamente. I polittici, per esempio, sono quasi sempre, anzi sempre, religiosi. Del polittico che faceva parte già delle collezioni di Castel Sant’Angelo – attribuito agli Zavattari, artisti milanesi, lombardi, del Quattrocento – lo Stato ha ritrovato sul mercato due pannelli e li ha ricomprati per reintegrarlo e quindi adesso diventa più ampio di come era prima. Sono stati comprati anche due laterali di una tavola che lo Stato già possedeva e che così ricostruisce un trittico di cui si aveva la memoria storica, ma non la presenza fisica. Ci sono poi anche dei capolavori assoluti di arte religiosa: uno Stomer straordinario – per esempio – con una "Annunciazione", che è stato comprato sul mercato per gli Uffizi.

D. – Non solo lo Stato, anche i privati possono contribuire al recupero e all’accrescimento del patrimonio culturale italiano?

R. – Direi proprio di sì. La domanda è molto pertinente e anche interessante, per creare uno spiraglio su un aspetto non troppo frequentato nella società civile italiana. Nel senso che le donazioni e i lasciti, che pure ci sono, non sono nella quantità che ci si aspetterebbe: se leggiamo le statistiche, l’Italia è un Paese in cui ci sono tantissime persone in possesso di grandissimi patrimoni, ma è molto raro che le persone – anche in possesso di ingenti fortune – comprino cose per lo Stato, facciano donazioni, facciano rientrare capolavori che sono sul mercato internazionale. Cosa, questa, che è molto frequente invece negli altri Paesi: pensiamo agli Stati Uniti, pensiamo alla Francia. Forse questo avviene anche per una differente legislazione, cui si è tentato recentemente di ovviare con l’“Art Bonus”. Vedremo i risultati quali saranno. Si spera proprio che una mostra del genere, facendo vedere quanto si è comprato, come si è comprato e anche le donazioni invogli altri a operare in questo senso, che è assolutamente virtuoso.








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