2015-05-28 11:42:00

Israele: le scuole cristiane manifestano per sopravvivere


In Israele le scuole cristiane chiedono uguali diritti e levano la voce contro il taglio dei finanziamenti, diminuiti del 45% in dieci anni. Insegnanti, studenti e molti religiosi, tra cui i vescovi, hanno risposto con una manifestazione alla proposta del governo di assorbire gli istituti cristiani – che hanno un elevato livello didattico e sono frequentati da 30 mila studenti, per metà di altre religioni –  tra le scuole pubbliche, indebolendo così la loro identità, o di dichiararli scuole speciali costringendoli ad aumentare le rette. Eugenio Murrali ha intervistato padre Abdel Masih Fahim, direttore dell'ufficio scuole cristiane:

R. – Secondo la legge, ogni studente israeliano può essere educato in qualsiasi scuola lui scelga e il governo deve restituire tutte le spese per la sua educazione. Il governo ci dà tra il 60 e il 70% del sussidio per ogni studente, e noi insegniamo il 132% di quello che è richiesto, mentre altre scuole insegnano meno e prendono il 100% o più. Il Governo ci ha dato due possibilità: diventare una scuola governativa e ottenere così il 100% dei finanziamenti, ma questo ci porta su una strada molto strana, perché non è la nostra missione quella di fare della nostra scuola un’imitazione di altre scuole, quanto all’insegnamento. Noi forniamo un’educazione speciale, un’educazione cristiana, nelle nostre scuole. Hanno poi proposto un’altra soluzione, ma quest’altra soluzione – di fare delle nostre scuole, delle scuole speciali – ci costringerebbe a chiedere rette scolastiche più alte ai genitori. Noi non siamo scuola per guadagnare, ma per fornire un servizio alla società.

D. – Quali sono le specificità della scuola cristiana in Israele?

R. – Prima di tutto dà importanza alla minoranza cristiana. Noi non vogliamo essere estranei alla società, ma nel medesimo tempo dobbiamo conservare la nostra tradizione cristiana, che non esiste e non c’è nelle altre scuole.

D. – Perché la scuola cristiana è importante per tutti, in Israele?

R. – E’ importante per tutti per l’educazione, per l’etica che trasmettiamo. E questo l’ha dimostrato la manifestazione pacifica che c’è stata ieri, a cui ha partecipato gente educata, gente che sa parlare bene, gente che non fa danni. Si è vista una cosa davvero meravigliosa ieri, che ha lasciato un segno a tutta la società.

D. – Quali sono i problemi che crea alle famiglie, questa mancanza di finanziamenti statali?

R. – Noi non vogliamo chiedere più soldi alle famiglie, perché loro non hanno le possibilità e perché noi vogliamo aiutare le famiglie, non essere contro di loro.

D. – Avete avuto problemi materiali nelle scuole?

R. – Sì: alcune scuole sono in deficit, altre non possono acquistare strumenti o apparecchi nuovi, alcune hanno progetti che sono fermi. Tutto questo non fa progredire le nostre scuole. Io non posso migliorare la mia scuola se prendo soltanto le spese che ci sono per i maestri: devo continuamente chiedere aiuti a destra e a sinistra e al mondo fuori, per aiutare le nostre scuole, mentre questi sono diritti per i nostri studenti. Il livello delle nostre scuole – in campo scientifico ed educativo – è molto alto, ma rischia di scendere, o saremo persino costretti a chiudere proprio le scuole. E questo è un punto al quale noi non vogliamo arrivare.








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