2015-05-25 15:00:00

Vescovi Canada: preoccupazione per nuova legge su suicidio assistito


“Profondamente preoccupati”: così si dicono i vescovi del Canada, in una lettera inviata al ministro della Giustizia e procuratore generale del Paese, Peter MacKay, riguardo al suicidio assistito. Nella missiva, siglata da mons. Paul-André Durocher, presidente della Conferenza episcopale locale, i presuli ricordano la decisione presa il 6 febbraio scorso dalla Corte suprema canadese che ha autorizzato il suicidio assistito. In particolare, le toghe canadesi hanno stabilito che i malati incurabili, ma non necessariamente in fase terminale, potranno scegliere volontariamente la morte. La possibilità è estesa anche a chi è affetto da patologie psichiche. La sentenza della Corte ha valore per un anno, il tempo necessario a preparare un’apposita legge attuativa.

Una sentenza che mina il valore della vita umana  
E proprio in vista della nuova normativa, il governo federale ha indetto anche una consultazione popolare, decisione che i vescovi “accolgono favorevolmente”. “La Chiesa e la Conferenza episcopale canadese – si legge nella missiva – sono profondamente preoccupate per la decisione della Corte suprema”. Ricordando, infatti, che “il giuramento di Ippocrate obbliga i medici a proteggere i pazienti da ogni male e da ogni ingiustizia, a non somministrare veleni o a prendere iniziative simili”, i vescovi di Ottawa sottolineano che “la sentenza dei giudici mina non solo la stima che la società ha riguardo alla vita umana, ma anche la fiducia di tutte le persone, soprattutto delle più vulnerabili, nei confronti dei medici e delle istituzioni sanitarie preposte alla tutela della vita”.

Non si può violare diritto alla salute sancito dalla Costituzione
Non solo: un ulteriore problema, prosegue la missiva, è rappresentato dal fatto che ora il Parlamento dovrà trovare “il modo per impedire che questa sentenza della Corte leda il diritto alla salute sancito dalla Costituzione”, proteggendo anche – e ciò rappresenta, dicono i presuli, “un bisogno urgente” – tutti gli operatori sanitari che si troverebbero costretti a fornire o a sostenere il suicidio assistito”. La Chiesa canadese, poi, ricorda che “i cattolici hanno un impegno ed una partecipazione indefettibile nel campo delle cure sanitarie” e infatti “in questo ambito, il Paese beneficia di molti servizi forniti da istituzioni cattoliche, così come gran parte degli ospedali derivano dal lavoro di comunità religiose cattoliche e risalgono alle origini del Paese”.

Tutelare libertà di coscienza degli operatori sanitari
Ma anche “nelle strutture non cattoliche”, evidenziano i presuli, “si trovano operatori sanitari che appartengono alla Chiesa cattolica”. Di qui, il richiamo alla “compassione per i malati, i moribondi e le persone vulnerabili dal punto di vista economico e sociale”, le quali “sono al centro dell’opera di misericordia della Chiesa”. “Profondamente turbati dalla decisione della Corte suprema”, dunque – preoccupazione condivisa con “altre comunità confessionali” – i vescovi cattolici chiedono al ministro della Giustizia di “essere inseriti tra gli organismi che saranno consultati dal governo canadese nell’ambito della valutazione di una nuova legge sul suicidio assistito”, sia “per assicurare che tale normativa tuteli la vita e la salute di tutti, nella maggior misura possibile”, sia “per garantire che essa offrirà, allo stesso tempo, la totale tutela del diritto e della libertà di coscienza degli operatori sanitari”.

La Chiesa non sia esclusa dal dibattito pubblico
Inoltre, i presuli chiedono di essere informati sulla data di inizio e le modalità di svolgimento dell’annunciata consultazione popolare, così da “poter partecipare al dibattito”. L’obiettivo, conclude la missiva, è quello di “aiutare il Paese a reagire ad una delle decisioni più inquietanti della Corte suprema”. (I.P.) 








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