2015-05-21 20:07:00

Touil era in Italia e non a Tunisi nel giorno dell'attentato


Abdel Majid Touil, il 22enne marocchino arrestato due giorni fa per l'attentato al Museo del Bardo a Tunisi sarebbe stato in Italia sia nel giorno della strage sia in quelli precedenti e successivi. È quanto accertato dalla Procura di Milano in base ai registri della scuola frequentata da Touil e alle testimonianze dei docenti. Diversa la ricostruzione dei magistrati di Tunisi. Servizio di Giampiero Guadagni:

  

Ogni settimana, il lunedì e il giovedì, Abdel Majid Touil frequentava un corso di italiano per stranieri nella scuola media Cuciniello di Trezzano sul Naviglio. Sarebbe stato quindi in Italia nel giorno della strage, il 18 marzo, e nei giorni immediatamente precedenti e successivi. La circostanza è confermata da docenti e colleghi di corso. E anche i vicini di casa ripetono che dopo il suo arrivo in Italia - il 17 febbraio a bordo  di un barcone approdato a Porto Empedocle - Touil non si è più mosso dal paese. Gli inquirenti stanno naturalmente completando le verifiche ma sembrano avere pochi dubbi. Diversa è la tesi dei magistrati di Tunisi che hanno spiccato un mandato di cattura internazionale, convinti che il ragazzo marocchino sia stato parte attiva dell'assalto al museo del Bardo, nel corso del quale morirono 24 persone, tra cui 4 italiani. Intanto il ministro dell'Interno Alfano in serata ha spiegato che le indagini non sono di competenza italiana. In mattinata, nella sua informativa alla Camera, Alfano aveva sottolineato di non aver mai escluso che l'Italia sia a rischio terrorismo e che l'allerta è elevatissima, anche circa l'uso dei barconi, pur mancando finora riscontri concreti.

 

Sulle polemiche scatenate in Italia dalla notizia che Touil era giunto nel Paese a febbraio a bordo di un barcone, Paolo Ondarza ha sentito il cardinale Francesco Montenegro, eletto ieri dall’Assemblea Generale della Cei, presidente di Caritas Italiana:

 

Fermare i barconi, non è risolutivo. Serve una politica più capace
R. – Non tutti i terroristi verranno con i barconi, ne sono convinto. Che poi qualcuno abbia potuto fare questo è possibile, ma non credo che questo ora significhi “Fermiamo i barconi!”. Tanti terroristi abitano già in questa Europa e in questa terra, quindi cosa facciamo? Non facciamo più nascere nessuno? E se qualcuno per venire in questa terra e fare quello che vuol fare prende l’aereo, fermiamo gli aerei? Credo che non sia soltanto gridando “Al lupo, al lupo!” che risolveremo i problemi. Ci vuole una politica che sia capace e uno Stato che sappia difendersi. Il problema è che, purtroppo, certe cose si stanno affrontando a pois - un po’ una cosa e un po’ l’altra - e non nella loro globalità.

Serve una legislazione che permetta di affrontare il problema nella sua complessità
D. – Al giovane marocchino sbarcato a febbraio scorso in Sicilia era stato subito intimato di lasciare l’Italia entro 15 giorni. Poi in realtà nessuno ha controllato che lo facesse, tant’è che è poi potuto tornare clandestinamente. Al provvedimento di espulsione non è seguita una una conseguenza pratica…

R. – La conseguenza pratica è lo Stato che deve assumerla. Perché se io dico ad una persona “vattene!”, l’accompagno all’uscio della porta e poi non mi interesso o non ho le possibilità e la capacità di essere sicuro che vada via, i rischi continueranno sempre… Qui è la maturità di uno Stato: ci vuole una legislazione che ti permette davvero di affrontare questo problema in maniera globale. Non si può dire soltanto “non vogliamo gli stranieri”; perché gli stranieri quando ci fanno comodo li vogliamo, se portano denaro e ci fanno divertire…

No ad allarmismi, non si possono ignorare immigrati
D. – Quindi occorre un approccio globale alla questione, senza semplificazioni da una parte e senza allarmismi dall’altra…

R. – Sì, io ritengo che gli allarmismi facciano comodo ad alcuni, però con l’allarmismo tu non affronti il problema. Ecco, allora, che tutto ciò che si è fatto fino adesso per l’immigrazione non credo che sia stato fatto affrontando il problema globalmente: un po’ sulle emozioni, quando ci sono i morti, quando muoiono in gran numero; un po’ con delle leggi che cercano di tamponare… Si sta vedendo l’egoismo dell’Europa, che ha paura di affrontare il problema. Si parla di 230 milioni di migranti nel mondo e questo alcuni lo chiamano il “sesto continente”: un mondo senza un continente non è completo! Non possiamo far finta che non ci siano.

Card. Montenegro: di nuovo alla guida di Caritas Italiana con gioia e preoccupazione
D. – L’Assemblea generale della Cei l’ha rieletta presidente di Caritas Italiana. Come accoglie questo nuovo incarico?

R. – Non è tanto nuovo, perché è vecchio! Ritorno in Caritas… Mi viene chiesto di continuare a dare attenzione alle povertà e al mondo della sofferenza. Con gioia, perché è un servizio; con preoccupazione, perché è un mondo dove purtroppo ci sono tanti problemi e tante difficoltà…  affrontarli non sempre è facile, ma c’è la volontà di fare la mia parte.

Occorre più attenzione ai poveri 
D. – Lei era già stato presidente di Caritas Italiana dal 2003 al 2008. Oggi si configurano nuove emergenze e nuove sfide rispetto ad allora...

R. – Sì, senz’altro tante nuove povertà sono diventate ormai vecchie e tante vecchie povertà sono diventate nuove: oggi c’è gente che viene a cercare il pane, viene a cercare la medicina o il vestito… Purtroppo la situazione economica e sociale è difficile, perché la povertà prende il sopravvento. Non sempre la politica dà la giusta attenzione ai poveri. Quindi bisogna lottare insieme perchè questa fascia di gente, che è purtroppo sostanziosa, possa riavere la gioia di una dignità e possa anche essere ascoltata e aiutata.

 

 

 








All the contents on this site are copyrighted ©.