2015-05-16 12:27:00

Accoglienza migranti: la testimonianza del sindaco di Pozzallo


Secondo sbarco nel giro di 24 ore a Pozzallo in Sicilia. Stamani con la nave "Foscari" sono approdati 98 migranti in maggioranza provenienti da Guinea, Senegal e Gambia. Diversi i casi di scabbia riscontrati. Ieri erano arrivati a bordo del pattugliatore della marina militare tedesca "Hessen" 294 persone di nazionalità eritrea, tra loro 38 donne e 8 minori. Tre donne in gravidanza di cui una al nono mese e un bambino di pochi mesi sono stati ricoverati in ospedale. Tutti i profughi sono stati trasferiti nel Centro di prima accoglienza di Pozzallo che nei giorni scorsi era stato svuotato. E’ costante, dunque, l’impegno del comune siciliano, che conta 19 mila abitanti, nei confronti dei nuovi arrivati. Il nostro inviato Olivier Bonnel ha intervistato il sindaco, Luigi Ammatuna:

R. – Pozzallo è la città dell’accoglienza e della solidarietà. La cittadinanza risponde bene, non si è mai lamentata, malgrado la presenza di circa 28 mila migranti – che non sono pochi – arrivati alla banchina del nostro porto. I cittadini non si sono mai lamentati di questo flusso di persone che è arrivato dall’altra parte del Mediterraneo, da una situazione drammatica, e la gente comprende che sono persone che scappano dalla guerra, dalla fame, dalla miseria e per questo è disponibile a dare accoglienza.

D. – Come lei personalmente ha vissuto questi ultimi mesi, con i numerosi migranti sbarcati al porto a poche centinaia di metri da qui?

R. – Io lo vivo bene, anche se impegno più del 60 per cento del tempo a fare accoglienza, a fare funzionare bene il Centro e quindi distolgo molto tempo che potrei dedicare alla mia città. Però, lo faccio con tanto amore perché comprendo e mi accorgo personalmente che sono persone che hanno bisogno di aiuto. Spesso ho avuto scontri con chi vorrebbe che li respingessimo. Ho detto sempre: “Evidentemente, avete visto le immagini in televisione e avete visto qualche foto sui giornali. Fate l’esperienza di venire sulla banchina del porto, quando arrivano queste persone. Arrivano persone … intanto, bisogna guardarli negli occhi. Arrivano donne che hanno in braccio bambini di pochissimi mesi, arrivano persone bruciate dal sole, arrivano persone inzuppate di acqua di mare, specie in inverno, e quindi infreddoliti, scalzi, martoriati da sevizie che hanno ricevuto … E non so se una persona che si trovasse sulla banchina, sul posto, avrebbe il coraggio di dire a queste persone: “No, tornatevene indietro”. Un’altra considerazione che io faccio spesso è quella del fatto che nel 2014 a Pozzallo sono arrivati circa 1.100 minori non accompagnati. Se ci sono famiglie, se c’è un papà e una mamma che prende un ragazzo di 10-11 anni, lo prende e lo mette sul barcone sapendo che rischia la vita, che non è sicuro che arrivi dall’altra parte del Mediterraneo, o che se arriva probabilmente non lo rivedrà per tutta la vita, penso che ci saranno motivazioni importanti, perché altrimenti un papà e una mamma non si separano dal figlio. Quindi, se si riesce a capire questo, fare accoglienza diventa “molto semplice”. Ma con “questa” mentalità. Se diventa un peso, se non si capiscono queste cose, sicuramente diventa una sofferenza. Per me non è stata una sofferenza: è una gratificazione. Io sono orgoglioso di essere sindaco di questa città che riesce ad accogliere queste persone. Ci sono stati momenti di sconforto, ci sono stati momenti in cui mi sono sentito solo, non sentivo vicina Roma, non sentivo vicina Bruxelles.

D. – Ma cosa vuol dire: che non si sente sostenuto dalle autorità, sia italiane sia europee, nell’accoglienza di questo grande numero di persone?

R. – Ma, vede, l’Europa ha sempre fatto finta di non accorgersene; ha sempre girato lo sguardo da un’altra parte per far finta di non sapere cosa succedesse in Italia. Tutte queste persone, non possono arrivare solo al porto di Pozzallo, a Porto Empedocle, a Augusta, qualche volta a Palermo … Queste persone devono essere accolte in tutti i comuni rivieraschi dell’Italia. Non è concepibile che un comune di 19 mila abitanti possa accogliere 28 mila persone: non ha gli strumenti per farlo! Noi l’accoglienza al porto, sulla banchina del porto, la facciamo con dei volontari. I volontari sono mamme e papà di famiglia, sono persone che lavorano e quindi se devono fare volontariato non possono farlo perché le mamme devono accudire alle famiglie e i papà devono andare a lavorare, le donne devono andare a lavorare. Non può essere fatto in questo modo! Il nostro Centro di prima accoglienza può ospitare 180 persone: noi non ospitiamo meno di 600, 500, 400 persone! Quindi, l’impegno che profondiamo ogni giorno, giorno dopo giorno, specie in questo periodo che gli sbarchi si susseguono, non ci danno il tempo di poter tirare il fiato e di ripartire.

D. – Ha un messaggio da inviare soprattutto alle autorità europee, che di recente a Bruxelles hanno parlato della migrazione?

R. – L’Europa deve adoperarsi – e un riferimento lo faccio anche all’Onu – deve adoperarsi per fare cambiare la situazione in questi Stati dove ci sono la guerra e la miseria. L’Europa e l’Onu devono intervenire dove c’è la guerra: non con le armi, ma con la diplomazia, per cercare di fare finire le guerre in quei Paesi e quindi creare le condizioni affinché queste persone non scappino. Dove, invece, c’è carestia, dove c’è fame, creare le condizioni per non farli partire, spendendo, investendo in quei territori. L’Europa, il mondo intero, in quei Paesi hanno preso: in passato hanno sempre preso. E’ arrivato il momento di dare qualche cosa. All’Europa in particolare dico di accogliere questi migranti: non possono essere lasciati soli in Italia. Se li distribuiamo tra di noi, probabilmente alleviamo i problemi in ogni Stato.

E ad occuparsi dei migranti che arrivano sulle coste siciliane è anche l’organizzazione umanitaria “Medici senza frontiere”. Olivier Bonnel ha sentito Chiara Montaldo, il medico che da Pozzallo coordina i progetti nell’isola:

R. – Sì, gli ultimi sbarchi sono stati impegnativi ma purtroppo non sono i primi né gli ultimi: è una situazione che continuiamo a vivere ormai da tanto. Ed è per questo che accanto alla tristezza di continuare a vedere persone che sono costrette a questo viaggio, si instaura anche un sentimento – se vogliamo, con una brutta parola – di “rabbia” nel vedere che, nonostante questo fenomeno sia cronico, l’approccio è sempre e ancora troppo emergenziale e quindi vedere che sia a livello locale, nazionale, sia a livello europeo, più ampio, purtroppo non sono stati fatti grandi passi avanti. Ultimamente c’è forse qualche movimento e quindi se non altro l’idea di avere un’azione più coordinata tra i vari Stati europei: speriamo che in effetti si concretizzi in azioni reali. Speriamo che questo avvenga, perché purtroppo negli ultimi anni siamo andati molto a rilento nel migliorare la gestione di una situazione cronica.

D. – Voi avete lanciato un’azione di salvataggio con due navi che vanno per mare proprio per salvare e accogliere queste persone. Questo l’avete fatto perché state ancora aspettando che le autorità facciano qualcosa di più?

R. – L’abbiamo fatto con due obiettivi, essenzialmente. Uno, salvare quante più vite possibile. Ci rendiamo conto benissimo che probabilmente è una goccia nel mare, perché non abbiamo la presunzione di salvare tutte le persone. Però, per noi una vita è sempre una vita, se riusciamo a salvarla. Il secondo obiettivo è, appunto, accendere i riflettori su questa situazione perché, per quello che ho detto, per troppo tempo nonostante tutti sapessero della situazione, sono stati fatti pochi passi avanti; le persone sono ancora obbligate a fare questo viaggio e quindi è un’azione un po’ provocatoria per cercare di risvegliare le coscienze di chi si occupa di politiche internazionali. Noi non siamo un’organizzazione di soccorso né politica, ma un’organizzazione medico-umanitaria, e questa è una crisi umanitaria. Centinaia e migliaia di persone che muoiono perché non hanno alternative, non hanno vie legali per viaggiare, per noi è una situazione inaccettabile ed equivale a una crisi umanitaria. Il fatto di incrementare la nostra attività anche con attività che esulano un po’ dal nostro mandato originario, ha proprio questo scopo: di puntare ulteriormente i riflettori nella speranza che ci siano azioni concrete nel migliorare la gestione.








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