2015-05-13 13:34:00

Battesimo figlio immigrata. De Luca: accogliere è abbattere muri


Oggi alle 16.30 nella Concattedrale di Santa Maria Assunta di Policastro Bussentino, in provincia di Salerno, il vescovo della diocesi di Teggiano-Policastro, mons. Antonio De Luca, battezza  la bambina di una coppia di immigrati nigeriani arrivati in Italia con uno dei tanti barconi della speranza. La madre, giunta incinta dopo aver affrontato una traversata difficile e rischiosa per la propria vita e quella della nascitura, ha deciso di chiamare la piccola Immacolata. Federico Piana ne ha parlato con in vescovo di Teggiano–Policastro e responsabile Migrantes della Conferenza Episcopale Campana, mons. Antonio De Luca:

R. – Io vorrei cogliere l’occasione di questo aspetto cristiano, il Battesimo, per evocare tutta la grande responsabilità che ci prendiamo nell’accogliere. Il Battesimo è accoglienza nella comunità; il Battesimo cristiano è accoglienza nella vita in Cristo. E noi faremo il Battesimo di una bambina nata nelle nostre strutture di accoglienza da una giovane coppia che vuole esprimere anche con un’adesione di fede, con la richiesta del Battesimo, l’accoglienza che è riservata a chiunque entri in un nuovo contesto e in un nuovo territorio. Pertanto la nostra comunità si incammina verso questa prospettiva di evangelizzazione ma senza cadere nel pericolo del proselitismo.

D. – La sua diocesi è una diocesi di frontiera che sta accogliendo tanti immigrati. Qual è l’opera della diocesi, la sua opera di vescovo nell’accogliere le persone che arrivano lì?

R. – La nostra diocesi è arrivata a quota 950 immigrati, una piccola realtà, quella territoriale, che ci riguarda come Chiesa. E tuttavia, di fronte alla progressiva e incalzante domanda di accoglienza e di ospitalità, abbiamo risposto con le nostre strutture diocesane, con gli organismi della Caritas e con le strutture collegate al nostro impegno ecclesiale nel fare accoglienza. La nostra è un’accoglienza, soprattutto. Oltre a donare cose materiali, generi di prima necessità, oltre a un tetto e un  piatto di riso, è un’accoglienza promuovente, un’accoglienza che mette la persona in una condizione di rispetto dei propri diritti e del riconoscimento anche di doveri. Cerchiamo di avviare un percorso formativo attraverso una molteplicità di presenze di mediatori culturali: accogliamo la famiglia, accogliamo singoli migranti, favoriamo la vita, l’istruzione, molti dei ragazzi, bambini, frequentano le nostre scuole. Noi crediamo che l’accoglienza sia un problema che riguarda la nostra cultura, riguarda le radici cristiane delle nostra Europa. Non è possibile pensare di ridimensionare l’accoglienza  ponendo in essere un’opera di ostilità nei confronti dei migranti.

D. – Bisogna davvero a questo punto cambiare il nostro concetto di accoglienza?

R. – Noi crediamo fermamente nei gesti profetici che la Chiesa nel corso dei secoli ha sempre operato. Siamo convinti che le identità nazionali, culturali, religiose, non si edificano innalzando barriere, non si edificano rafforzando confini. Le identità si esprimono nell’abbattimento dei muri. San Giovanni Paolo II ha riconfermato questa grande attitudine della cultura cristiana: è l’abbattimento dei muri che consente l’incontro dei popoli. Allora noi crediamo che questa vicenda delle migrazioni dei popoli non possa essere vissuta esclusivamente come un fatto episodico o un’emergenza occasionale.








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