2015-05-11 14:12:00

Yemen: si combatte a 24 ore dalla tregua. 70mila in fuga da Saada


Nello Yemen, alla vigilia dell’entrata in vigore delle tregua umanitaria di cinque giorni, i ribelli sciiti houthi e le forze saudite continuano a combattere lungo la frontiera nord occidentale. Bersagliate dai bombardamenti della coalizione arabo-sunnita le province di Hajjah e Saada, dai cui sono in fuga circa 70mila civili, fra i quali migliaia di bambini; mentre i guerriglieri sciiti rivendicano l’abbattimento di un F-16 del Marocco, uno degli otto Paesi arabi che aderiscono al fronte guidato da Riad. Intanto il deposto presidente Saleh ha ufficialmente dichiarato il suo sostegno al movimento dei miliziani sciiti houthi. Sulle fragili prospettive della tregua Marco Guerra ha intervistato Giuseppe Dentice, ricercatore dell’Ispi ed esperto dell’area:

R. -  Dobbiamo considerare l’accordo firmato tra houthi e Arabia Saudita come un atto prettamente simbolico, nel senso che questa è la prima tipologia di intesa che interrompe in un certo senso il fronte di battaglia. Chiaramente l’ho definita “simbolica” perché dal punto di vista militare le azioni continuano. Non a caso, nel Nord, i raid diventano sempre più martellanti e il concetto di tregua quindi sembra poco calzante. Dal punto di vista prettamente politico-diplomatico certamente è un fattore di novità, essendo questo un primo cambiamento nella strategia finora adottata dall’Arabia Saudita e più in generale dalla coalizione arabo-sunnita nei confronti degli houthi. Se questa tregua umanitaria di cinque giorni dovesse continuare, sicuramente potrebbe essere uno strumento utile per portar avanti le trattative di questa diplomazia parallela.

D. - Parallelamente però ci sono anche le dichiarazioni di Saleh che si è rivolto agli houthi esortandoli a continuare a imbracciare le armi. E c’è anche un cargo iraniano in partenza, in direzione dello Yemen. Si palesa quindi un appoggio di Teheran e di Saleh ai ribelli?

R. - Dal punto di vista di Saleh la sua esortazione, la sua affermazione, non risulta nuova nel senso che in questo momento ogni attore impegnato nella guerra in Yemen gioca la sua carta nel tentativo di sopravvivere in uno scenario postumo. Saleh ha scelto di allearsi con gli houthi; lo ha fatto adesso alla luce del sole esortando questi ultimi a combattere e lo fa nel tentativo di riciclarsi - in un certo senso - nel caso in cui gli houthi dovessero vincere questa guerra. Però bisogna tener conto che solo Saleh e le sue milizie o solo gli houthi possono comunque ben poco nei confronti di un esercito molto forte come quello saudita nel caso in cui decidesse si attuare un’operazione terra. Come leggere le azioni iraniane? Anche l’Iran, come l’Arabia Saudita, gioca la sua partita nel contesto regionale. Lo Yemen è uno di quei teatri dove nessuno dei due attori principali del Golfo Persico – Arabia Saudita ed Iran appunt – vorrebbero perdere la loro carta dal punto di vista dell’influenza regionale. Quindi l’entrata in scena  - se si vuol dire in questa maniera ufficiale - dell’Iran diventa semplicemente un nuovo tassello nel puzzle yemenita.

D. - Intanto nel Nord proseguono i martellanti raid della coalizione a guida saudita. Che Paese è lo Yemen a quasi due mesi dall’intervento internazionale? Qual è la situazione sul terreno anche a livello umanitario?

R. - Dal punto di vista militare e umanitario la situazione è abbastanza confusa. Ci sono dati molto discordanti e quindi qualsiasi dato numerico deve essere preso relativamente con le pinze. Dopo 50 giorni di bombardamenti, secondo quanto riferito anche dalle Nazioni Unite e dal nuovo rappresentante speciale delle Nazioni Unite nello Yemen, ci sarebbero circa 1.400 morti, più di 6mila feriti e all’incirca 7,5 milioni di persone sull’orlo dell’insicurezza alimentare. Quindi la situazione umanitaria è davvero preoccupante, soprattutto alla luce dei combattimenti. Dal punto di vista militare invece la situazione è sempre più complessa perché, come sappiamo tutti, non si scontrano solo houthi e Arabia Saudita, o comunque coalizione arabo-sunnita, ma ci sono scontri tra ribelli e forze fedeli ad Hadi, tra qaedisti e forze più o meno vicine ad Hadi  ed ai ribelli houthi. Quindi è una situazione particolarmente complessa che non lascia grandi spiragli di pacificazione, almeno nel breve termine; si può anche affermare che nel medio periodo la situazione non dovrebbe migliorare, soprattutto se continueranno i raid martellanti e non ci sarà un’azione diplomatica forte da parte di tutte le forze impegnate nel conflitto civile yemenita.








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