2015-05-11 14:21:00

Caritas Internationalis. Michel Roy: i poveri al centro


Domani pomeriggio alle 17.30 Papa Francesco presiederà nella Basilica Vaticana la Messa per l’apertura della 20.ma Assemblea Generale di Caritas Internationalis che si svolgerà sul tema “Una sola famiglia umana: prendersi cura del Creato. Al centro dell’attenzione dei lavori dell’organismo sarà la questione del cambiamento climatico con le sue conseguenze, in particolare sulle popolazioni più povere del pianeta. Ascoltiamo Michel Roy, segretario generale della Caritas Internationalis, al microfono di Gabriella Ceraso:

R. – La questione del cambiamento climatico è una questione che poco a poco, in questi decenni, ha acquistato importanza, e lo vediamo in maniera molto chiara, alla Caritas Internationalis: la moltiplicazione dei disastri naturali sul pianeta è cosa reale, che si può verificare costantemente. I tifoni, le alluvioni, la siccità … tutto questo si è moltiplicato, generando impoverimento delle comunità, vittime dirette, anche migrazioni dovute a questo cambiamento climatico. E allora, siamo giunti a un punto in cui non solamente noi, ma tutti dobbiamo fare qualcosa per rallentare questo cambiamento climatico. Quest’anno 2015 è un anno molto speciale: le Nazioni Unite adotteranno a settembre, in assemblea generale, gli obiettivi di sviluppo sostenibile che prendono in considerazione il cambiamento climatico in una maniera in cui non era mai stato fatto finora. Dalla fine di novembre fino a dicembre, a Parigi, si terrà quindi il summit sul cambiamento climatico, che è un momento molto importante: l’ultima occasione per prendere le decisioni necessarie per far sì che questo cambiamento si fermi e che noi non andiamo troppo oltre, perché altrimenti il cambiamento sarà irreversibile. Vediamo che quando il clima cambia c’è un impatto sul Creato e specialmente sulle popolazioni più povere. Questo cambiamento colpisce una zona tropicale che va dalle Filippine fino al Centroamerica – lo si riconosce su una carta geografica – e le popolazioni che vivono in questi Paesi sono povere e non sono all’origine di questo cambiamento: noi che siamo al Nord siamo all’origine di questo cambiamento. C’è una questione di “giustizia climatica” e noi dobbiamo fare in modo che le persone vittime siano al centro della nostra attenzione. Questa riflessione ci ha portati a scegliere questo slogan “Una sola famiglia umana: prendersi cura del Creato”.

D. – E c’è un messaggio di speranza, perché bisogna lavorare insieme: volete sottolineare questo?

R. – Certamente. Perché sappiamo che possiamo cambiare le cose, se lo facciamo insieme. Bisogna – e questo è un punto importante negli obiettivi di sviluppo sostenibile – mettere le persone vittime al centro e costruire un nuovo paradigma di sviluppo, a partire dalle speranze di queste popolazioni, con tutte le altre forze. Non solamente i governi: anche il settore privato e le organizzazioni internazionali della società civile.

D. – Che cosa insegna Papa Francesco su questo tema? Cosa insegna anche alla Caritas, con quanto ha detto finora, fin dalla prima omelia, sulla custodia del Creato, sull’impegno dei cristiani?

R. – Ha detto tante cose e stiamo aspettando l’Enciclica sull’ecologia umana, che dovrebbe essere pubblicata a fine giugno inizio luglio. Penso che lui metta il punto sulla necessità di cambiare stile di vita, modo di vita. Sono sicuro che ci sarà una chiamata molto forte a ognuno per impegnarci collettivamente ma anche individualmente a fare in modo che il cambiamento climatico non sia così forte.

D. – Tra gli orientamenti che vi guideranno in questa prossima assemblea, c’è il servizio alla Chiesa, c’è l’impegno in situazioni di particolare gravità – calamità naturali ma anche guerre e conflitti. E c’è la promozione dello sviluppo umano “integrale”. Come farlo?

R. – Penso che la Chiesa abbia un’esperienza molto grande. Ogni sviluppo è sviluppo della persona umana. Non si può fare da soli. Si fa nella famiglia, si fa nella comunità … deve venire da dentro. Allora, dobbiamo lavorare ad animare le comunità, mettendo i più poveri al centro perché non siano dimenticati. Bisogna che le politiche che verranno definite lo siano a tutti i livelli; però, in questo mondo globalizzato devono essere prese anche a livello internazionale. Da qui, l’importanza delle Nazioni Unite e delle Organizzazioni internazionali. Per esempio, l’Organizzazione internazionale del Commercio non ha operato bene, da questo punto di vista: deve ripensare tutto, perché anche in questo mondo globalizzato l’importante è che la speranza sia con la gente, e la gente non è una massa uniforme di sette miliardi di persone: sono persone, individui nelle comunità.

D. – Ci sono aree che più vi preoccupano?

R. – La crescita delle disuguaglianze che è all’origine di molti problemi … Quando le persone non hanno più lavoro, questo è il risultato di una politica che fa sì che i ricchi diventino più ricchi e i poveri più poveri. Crea frustrazioni terribili che portano sulla strada della violenza, al conflitto, alla guerra. Questa è una preoccupazione maggiore. Che tipo di umanità vogliamo? Che tipo di sviluppo umano vogliamo? Siamo sicuri che il cammino attuale non sia quello giusto. Parleremo di una sfida che ci pone il Papa: di aiutarlo a costruire una Chiesa povera per i poveri, per far sì che le comunità cristiane siano più aperte, più vicine, più impegnate con i fratelli e le sorelle vittime della povertà.








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