2015-05-10 12:45:00

Camerun. P. Galimberti: Boko Haram ci ha colpito nel Nord


Sono rimasti al fianco della popolazione i missionari nel nord del Camerun, nonostante il pericolo rappresentato da Boko Haram che negli ultimi due anni in questa regione ha sequestrato, ucciso e distrutto villaggi. Con circa 500 mila battezzati nelle quattro diocesi settentrionali, e una percentuale di cristiani che sorpassa il 70% se si considera l'intero territorio nazionale, il Camerun sta sperimentando numerose conversioni, a partire soprattutto dalla religione tradizionale. Di questa Chiesa giovane e vivace e dei rapporti con le altre religioni parla padre Sergio Galimberti, missionario saveriano da oltre 40 anni in Camerun, al microfono dell’inviata a Yagoua, nel nord del Camerun, Silvia Koch:

R. – La religione tradizionale la vedi soprattutto nelle zone interne, ma la forma cattolica mantiene molto le distanze culturali della tradizione. Si mantiene la lingua ad esempio, i canti nella lingua, le danze… Uno degli ostacoli forti per il cristianesimo in generale è che il cristianesimo non accetta la poligamia. In queste etnie che avevano una forte poligamia, chi poteva aveva anche 8-9-10 mogli, l’islam ha una capacità di attenzione su questo aspetto qui.

D. – Parliamo invece di come è cambiata la vostra vita di missionari bianchi negli ultimi due anni: da quando si sono intensificati gli attacchi provenienti dalla Nigeria di Boko Haram, che si danno ancora una connotazione religiosa, oltre che contro i simboli dell’Occidente…

R. – La cosa è variabile secondo dove ti trovi: il personale della missione cattolica della diocesi di Maroua-Mokolo che è verso le montagne – e quindi verso il confine con la Nigeria – e la diocesi di Yagoua verso il confine hanno dovuto fare i conti duramente con questa cosa. Qualcuno è dovuto andar via, qualcuno ha dovuto essere spostato, qualcuno è rimasto ma ha cambiato missione. Guardando un po’ tutto l’insieme, in percentuale quelli che sono veramente partiti, che hanno lasciato il Paese, non sono stati tantissimi. Altri si sono spostati oppure hanno accettato la scorta armata, che adesso sta diminuendo. Lassù, verso il confine, c’è ancora, perché là Boko Haram c’è ancora. Qui ad esempio, a casa nostra a Yagoua, abbiamo i militari, però i militari intervengono solamente nei viaggi lunghi, se dobbiamo andare lontano. Le azioni di attacco sono contro tutti: hanno cercato più facilmente i non musulmani, i cristiani, ma hanno attaccato anche tanti villaggi di musulmani che sapevano che non erano favorevoli. Cioè, hanno attaccato tutti quelli che, idealmente nella loro mente, potevano essere dei nemici. Poi, con il rafforzamento della presenza dei militari, oggi come oggi i villaggi che sono veramente a rischio sono quelli nell’orbita di 10-15 km dal confine. Poi, c’è il fatto anche che la Nigeria ultimamente si è cominciata a stabilizzare: l’esercito interviene di più, è intervenuto anche l’esercito ciadiano, quello del Niger… C’è stata cioè una pressione contro Boko Haram che li rende più deboli, e, per l’altro aspetto, più pericolosi perché sono come degli animali in gabbia che si rendono conto di essere attaccati da tutte le parti.

D. – E per concludere: quali sono le preoccupazioni della Chiesa del Camerun oggi?

R. – Che la situazione si stabilizzi, che si ritorni alla pace a cui eravamo abituati da anni. Le problematiche sociali sono tante perché adesso il mondo sta cambiando, moltissimi dei nostri giovani fanno la scuola: è bello e da un’altra parte vogliono abbandonare i campi e questo crea un mondo nuovo. Si vogliono i nuovi mestieri che non ci sono ancora – fabbriche, nuovi posti di impiego se ne vedono pochi. E quindi questa è un po’ una bomba a orologeria che scoppierà. Cioè, lo Stato deve fare uno sforzo e dire: ecco, creiamo anche degli impieghi per la gente che fa queste scuole.








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