2015-05-09 15:50:00

Burundi, in 30 mila in fuga dalle violenze anti-Nkurunziza


In Burundi, l’attuale presidente Pierre Nkurunziza si è ricandidato per la terza volta violando la Costituzione e agli accordi di pace di Arusha. Numerose le proteste della società civile, soffocate dall'esercito e dalla polizia che hanno causato 16 morti, mentre oltre 30 mila burundesi hanno deciso di rifugiarsi nei Paesi confinanti. È in questo contesto di incertezza che nasce l’appello del Comitato collaborazione medica (Ccm) e di molte ong italiane operative nel Paese: “Rompere il silenzio su quanto sta accadendo in vista delle elezioni presidenziali, programmate per il 26 giugno". Nell'intervista di Emanuela Campanile, ne parla Giulia Lanzarini, referente Burundi in Italia per il Ccm:

R. – Purtroppo, ci siamo sentiti un po’ soli. La nostra stampa nazionale italiana aveva in questi giorni forse concentrato l’attenzione su altre tematiche, altrettanto importanti, però ci sembra molto, molto importante che la popolazione italiana sia al corrente di quello che sta succedendo in quel Paese che si trova nel cuore dell’Africa, dove appunto gli equilibri purtroppo sono molto precari e dove una situazione che dovesse prendere la deriva sul fronte degli scontri violenti avrebbe delle ripercussioni su tutta la regione dei Grandi Laghi. Quindi, è una situazione che potrebbe avere ripercussioni forti e che per questo non va assolutamente sottovalutata.

D. – Che tipo di collaborazione, di rete, avete formato in questa zona dell’Africa?

R. – Noi, come ong, siamo fortemente legati, già a livello italiano, siamo riuniti sotto il cappello dell’Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale (Aoi). In Burundi, siamo riuniti sotto un gruppo che si chiama “Réseau” che sta per “rete”, che riunisce non solo le ong italiane ma tutte le ong internazionali, all’interno delle quali naturalmente noi siamo tutti rappresentati. E cerchiamo di condividere tutte le informazioni relative chiaramente agli sviluppi della situazione nelle rispettive zone di intervento, così come studiare strategie comuni di gestione del quotidiano e di eventuali evoluzioni.

D. – Temete di dover lasciare l’area, nel caso peggiorasse la situazione?

R. – E’ possibile che si debba sospendere momentaneamente la presenza nel Paese. Devo dire che prima di arrivare a quel punto si attraversa una serie di altre fase. La situazione viene però monitorata quotidianamente per cui è possibile che a un certo punto si debba fare uscire il personale espatriato e momentaneamente sospendere l’attività, chiedendo ai nostri colleghi burundesi di sospendere il lavoro per alcune settimane. Ma speriamo, ovviamente, di poter prevenire questa situazione, di non arrivare a quel punto. Esiste fra tutte le organizzazioni un piano per cui qualora ci fossero situazioni particolarmente gravi, si sa come ci si deve muovere per poter lasciare il Paese.








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