2015-05-07 20:29:00

La Gran Bretagna al voto. E' testa a testa Tory-Labour


Gran Bretagna al voto per le elezioni politiche. Per ora è testa a testa Cameron-Milliband. I seggi, aperti da questa mattina alle sette, chiuderanno stasera alle 23 ora italiana.  I risultati si conosceranno domani, in tarda serata arriveranno gli exit poll. Servizio di Francesca Sabatinelli:

Si saprà tra poche ore a chi gli oltre 45 milioni di cittadini di Gran Bretagna e Irlanda del nord hanno dato il loro voto. 650 i seggi della Camera dei Comuni da rinnovare, e l’evidente segnale che né i Tory del premier Cameron tantomeno i laburisti di Miliband riusciranno a conquistare quella maggioranza che consente di governare da soli. Per ora è quindi testa a testa, secondo gli ultimi due sondaggi, 33% per entrambi, e poi 10% per i liberaldemocratici, 14 per l’Ukip gli euroscettici guidati da Farage, e il 5 per i Verdi.

I risultati si conosceranno domani, così come si valuterà l’affluenza, che alle politiche del 2010 fu del solo 65% degli aventi diritto. Lo scenario ipotizzabile è di un governo di minoranza da rafforzare con una coalizione o con degli accordi quanto cioè già accadde nel 2010, quando nessun partito riuscì a prendere la maggioranza assoluta di 326 seggi a Westminster. Dalle urne ci si aspettano anche segnali per l’Ue, Cameron, premier uscente, aveva promesso entro il 2017 un referendum sul dentro o fuori dall’Unione, c’è inoltre l’incognita dei separatisti scozzesi guidati da Sturgeon un accordo con loro potrebbe far tremare l’unità del Regno Unito.

Si profila dunque un risultato che renderebbe difficile per qualunque dei partiti tradizionali formare un governo. Giada Aquilino ne ha parlato con Antonio Villafranca, responsabile del programma Europa dell’Ispi, l’Istituto per gli studi di politica internazionale:

R. - Si profila un risultato che potrebbe essere in termini numerici, cioè di numero di seggi, il più difficile dal Secondo Dopoguerra. I casi di cosiddetto “hung Parliament” - di “Parlamento appeso” - cioè il caso in cui non si riesca, dopo l’esito delle urne, a formare un governo, sono pochissimi nel secondo dopoguerra. Un primo caso c’è stato nel 1974 con i laburisti, con James Harold Wilson, e il secondo caso è quello più vicino a noi, nel 2010, con Cameron che si è dovuto poi alleare con i liberali. Questa volta la situazione è ancora peggiore, perché i risultati attesi sono intorno al 34% sia per i conservatori sia per i laburisti. Quindi il rischio effettivamente che non si riesca a formare un governo è obiettivamente molto alto.

D. – C’è dunque il rischio della tanto temuta paralisi istituzionale?

R. – Si potrebbe creare appunto un governo di minoranza e poi, da qui a qualche mese, tornare alle urne. Paradossalmente, quello che potrebbe accadere è che, dopo una prima verifica di eventuali alleanze per creare un governo da parte dei conservatori, si possa passare ai laburisti, che potrebbero avere invece maggiori probabilità di creare una coalizione. Perché, ad esempio, gli stessi liberali sono degli alleati naturali dei laburisti e non dei conservatori, com’è oggi. Ma anche lo Scottish National Party, che potrebbe avere circa 50 seggi, potrebbe essere un altro naturale alleato dei laburisti. Quindi probabilmente si inizierà dai conservatori, ma sarebbe più probabile, in termini della creazione di un governo, che i laburisti ci possano riuscire.

D. – È vero poi che Miliband penserebbe a una coalizione con i liberaldemocratici per non dover sottostare in seguito alle richieste del partito scozzese?

R. – Questo sicuramente. Come dicevo, i liberali sono i più naturali alleati dei laburisti, ma in termini numerici comunque non ce la farebbero. Se quello che dicono i sondaggi risulterà vero, anche con i liberali i laburisti arriverebbero a circa 300 seggi. Sono necessari 326 seggi per formare un governo: quindi in ogni caso loro non ci arriverebbero senza appunto gli scozzesi.

D. – Il vincitore annunciato appare allora il partito indipendentista scozzese: potrebbe diventare il terzo partito del Paese?

R. - È sicuramente il vincitore annunciato per il fatto che, rispetto ad esempio alle precedenti tornate elettorali, ruba moltissimi seggi ai laburisti.

D. – I Tories di Cameron possono contare su alcuni successi del premier in campo economico. C’è disoccupazione bassa e la Gran Bretagna è un Paese più o meno uscito indenne dalla crisi: questo può bastare?

R. – Non può bastare, perché c’è un altissimo malcontento in Gran Bretagna per alcune decisioni prese da Cameron, magari in alcune parti assolutamente comprensibili data la crisi che c’è stata negli anni precedenti. Però il taglio forte che è stato fatto alla spesa pubblica, le riforme che sono state fatte sul sistema sanitario e soprattutto una crescente disuguaglianza dei redditi in Gran Bretagna sono ovviamente degli argomenti formidabili nelle mani delle varie opposizioni.

D. – Tra l’altro, se vincessero i conservatori, dovrebbero realizzare come promesso il referendum sul mantenimento della Gran Bretagna nell'Unione Europea…

R. – Sì, questa è la promessa fatta da Cameron. Paradossalmente, in realtà, per chi volesse invece la Gran Bretagna ancora dentro l’Unione Europea, ci si dovrebbe proprio augurare la vittoria di Cameron. Perché, se Cameron vincesse, inevitabilmente poi andrebbe ad una negoziazione con l’Unione Europea per rivedere i trattati; e poi - dopo una piccola revisione dei trattati - potrebbe fare campagna elettorale per il “sì” insieme ai laburisti. Mentre, se vincessero i laburisti, il rischio che poi questi vengano costretti in qualche modo a indire un referendum farebbe sì che i conservatori invece facessero campagna contro l’adesione all’Unione Europea. E quindi in questo caso, paradossalmente, le probabilità di uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea sarebbero più alte.

D. – Gli euroscettici e anti-immigrazione dell’Uk Indipendence Party (Ukip) sono cresciuti negli ultimi anni. Alle europee avevano avuto un 27%, ora i sondaggi li danno al 13. Che aspettative ci sono?

R. – Nelle europee, la filosofia del voto da parte del cittadino britannico è stata completamente diversa: era contro le politiche del governo e soprattutto sulla scia del tradizionale euroscetticismo britannico. Ma anche si votava col proporzionale. E, siccome invece adesso si voterà con il sistema maggioritario a collegi uninominali, com’è tradizione britannica, in realtà a prescindere dal fatto che possano prendere un 12, 13, 15% è molto improbabile che abbiano più di 3-4 seggi.








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