2015-05-07 14:03:00

Fidae: dannoso contrapporre scuole statali e paritarie


Di mettere la fiducia alla "Buona Scuola" non se ne parla, ma il presidente del consiglio Matteo Renzi chiede ai suoi, impegnati in un ampio confronto sul provvedimento con le parti sociali, di fare presto. I tempi sono stratti: dal 14 al 19 maggio devono essere esaminati alla Camera tra i 700 e gli 800 emendamenti. L’approvazione definitiva è prevista  entro il 15 giugno, termine ultimo per garantire le assunzioni a settembre. Intense dunque le consultazioni, dopo lo sciopero del settore scolastico di martedì scorso, che tra i motivi di contestazione vedeva anche la possibilità, prevista dalla nuova legge, di detrarre fiscalmente le rette pagate dalle famiglie alle scuole paritarie. Detrazione che, al momento, darebbe la possibilità per ogni ragazzo, di avere un contributo al massimo di 70 euro all’anno. Forte ancora nelle piazze la contrapposizione tra scuole statali e non statali definite, erroneamente, private. Adriana Masotti ha sentito don Francesco Macrì, presidente di Fidae, Federazione che riunisce le scuole cattoliche italiane:

R. – E‘ il solito luogo comune che ritorna in tutte le manifestazioni che riguardano il mondo della scuola. Si immagina di poter legittimare come scuola pienamente legittima la scuola statale, mettendola in contrapposizione alla scuola paritaria; si denigra la scuola paritaria, come “scuola dei ricchi”, come “scuola dei diplomifici”, contraddicendo in questo modo diverse cose: prima di tutto quanto avviene in tutta Europa, perfino in quelle nazioni cosiddette "laiche", molto più laiche per tradizione, rispetto all’Italia, e dove il finanziamento pubblico della scuola non statale è garantito. Contraddicendo ancora, la sostanza di una legge importante dello Stato Italiano, che è la Legge 62: la quale prevede un sistema scolastico nazionale unico integrato. Contraddicendo la realtà della scuola paritaria: pensi alla scuola cattolica, la cui tradizione ha alle sue spalle un bagaglio pedagogico e culturale di grandissima eccellenza. Ora, immaginare che quella detrazione fiscale prevista dal Disegno di Legge possa danneggiare la scuola statale è veramente una sciocchezza. Pensi che questa detrazione ipotizzata darebbe la possibilità, per ogni ragazzo, di avere un contributo al massimo di 70 euro all’anno. In più, se noi consideriamo che la scuola paritaria costa allo Stato, ad oggi, infinitamente meno della scuola statale pur garantendo lo stesso identico servizio e in parecchi casi superiore, noi dovremmo avere interesse a sostenere questa scuola paritaria, sempre se partiamo dal presupposto che la libertà di scelta educativa è delle famiglie, è degli allievi e non dello Stato.

D. – In mancanza di questo sostegno veramente il diritto di fare una scelta educativa sarebbe soltanto dei più ricchi: è su questo, quindi, che bisognerebbe protestare, no?

R. – Assolutamente! Il diritto di istruzione e formazione è un diritto universale. Lo Stato deve fare in modo di garantire l’esercizio di questo diritto: ha una funzione sussidiaria rispetto alla famiglia e non viceversa.

D. – Tornando alla proposta concreta, che è contenuta nella riforma, mi pare comunque che sia solo un primo passo questa detrazione…

R. – Noi consideriamo l’iniziativa come larghissimamente insufficiente: non risponde veramente ai bisogni della scuola paritaria per il lavoro che svolge. Però indubbiamente la consideriamo un fatto positivo perché si introduce un principio: si comincia cioè a riconoscere concretamente che la scuola paritaria svolge veramente un servizio pubblico e di interesse pubblico.

D. – Al momento sono in calo o in aumento le iscrizioni di coloro che scelgono di studiare presso le scuole paritarie?

R. – La scuola paritaria, purtroppo, in Italia è ancora a carico delle famiglie. Per cui, in questo momento di fortissima crisi, la scuola paritaria sta perdendo moltissime iscrizioni. Tanto è vero che diverse scuole stanno chiudendo e non danno più quel servizio che hanno dato per tantissimi anni a quel dato territorio. E questa è una responsabilità gravissima del mondo della politica, del mondo anche sindacale che va a fomentare questi slogan infondati e a creare conflittualità inutili.








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