2015-05-02 10:34:00

Beatificazione di fratel Bordino. Amato: vedeva nei malati Gesù in Croce


E' stato proclamato Beato questo sabato pomeriggio a Torino fratel Luigi Bordino, religioso professo della Congregazione dei Fratelli di San Giuseppe Cottolengo. A presiedere la Messa, in rappresentanza del Papa, il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Fratel Bordino, alpino durante la Seconda Guerra Mondiale, ha dedicato la sua vita ai malati: nel loro volto vedeva Gesù crocifisso. Ascoltiamo il cardinale Amato al microfono di Roberto Piermarini:

R. - Andrea Angelo - questo il suo nome di Battesimo - nacque il 12 agosto 1922, a Castellinaldo (Cuneo), terzogenito di otto figli. Cresce in un ambiente di Messa quotidiana, di recita del Rosario, di pratica sacramentale e soprattutto di relazione con suore e sacerdoti di alta qualità spirituale. In questo sano ambiente familiare egli matura una identità cristiana forte. Il fratello Risbaldo dice di lui: «Mio fratello Andrea non sapeva cosa fosse il rispetto umano: non ha mai nascosto la sua fede e la sua pietà. Con estrema semplicità faceva quel che credeva di dover fare senza curarsi degli altri».

D. - Nella sua biografia si legge che partecipò, come alpino, alla seconda guerra mondiale…

R. - In effetti, nel 1942, a vent'anni fu arruolato nel IV Reggimento di Artiglieria Alpina e in piena estate parte per il fronte russo. Incaricato delle vettovaglie, il nostro Beato, però, non sarà mai in prima linea né parteciperà agli scontri diretti. Dopo aver patito fame, sete e ogni sorta di privazione nei vari campi di concentramento anche in Siberia, riesce alla fine della guerra a tornare in patria, insieme al fratello.

D. - Come diventò religioso Cottolenghino?

R. - Dopo l'esperienza bellica, Andrea sente il fascino della vita religiosa e il desiderio di consacrarsi al servizio dei sofferenti. Il 23 luglio 1946 fa così il suo ingresso al Cottolengo. Al postulandato inizia una vita di preghiera e di pratica della carità, assicurando l'igiene dei malati, le medicazioni, l'assistenza ai pazienti gravi, la pulizia dei barboni e dei malati immobilizzati a letto. Si presta volentieri a lavare i piatti, pulire i pavimenti, lavorare nei campi. Dopo un anno entra in noviziato e indossa per la prima volta l'abito dei religiosi cottolenghini, sulla cui talare nera è appuntato un cuore di panno rosso all'altezza del petto, a sinistra. Alla vestizione Andrea prende il nome di fratel Luigi della Consolata. Nel gennaio del 1966 la professione perpetua. Chiamato il gigante buono per la sua corporatura robusta, si presta volentieri a ogni tipo di servizio. Di poche parole, con il sorriso e il volto sereno, riusciva a infondere sicurezza e fiducia. Diviene presto l'infermiere più richiesto dagli ammalati, dalle suore, dai medici, perché esperto, efficiente, sicuro, riservato. Colpito da leucemia, fratel Luigi si addormenta piamente nel Signore il 25 agosto 1977, a 55 anni.

D. - Cosa ci può dire delle sue virtù?

R. - Alcune testimonianze sono commoventi per semplicità e schiettezza. Ad esempio, un suo confratello dice che «fratel Luigi ha vissuto la sua vocazione, e tutte le virtù inerenti, in forma superiore alla mia e a quella degli altri confratelli». E un altro aggiunge: «Fratel Luigi è stato un grande uomo. Nel pregare si comportava come un vitellino quando succhia il latte, si capiva che ne godeva, che era attirato dal Signore e da lui corrisposto». E un laico ribadisce: «Le virtù religiose, ma anche quelle umane di fratel Luigi erano eccezionali, di gran lunga superiori alle nostre». Fratel Luigi viveva veramente di fede. Da ragazzo, nei gulag sovietici, nel suo apostolato tra i malati egli aveva sempre Gesù nel cuore. Questa vita a due con il Signore lo portò a mettere al centro della sua missione Cristo Crocifisso ed Eucaristico, da adorare, pregare, amare e servire nei fratelli bisognosi.

D. – Cosa ci può dire dell’opera caritativa del nuovo Beato?

R. - In fratel Luigi non erano tanto le parole e nemmeno le sue azioni a manifestare la carità di Dio, quanto la sua persona, la sua presenza che manifestava amore, misericordia, comprensione. Un medico racconta: «Ricordo una notte di un ultimo giorno di dicembre in cui egli volle offrire il suo sangue per una paziente affetta da una gravissima emorragia; operata in extremis fu salvata grazie soprattutto alla sua generosa donazione». La sua esistenza - dice un altro teste - fu una continua discesa da Gerusalemme a Gerico, per soccorrere ogni sorta di uomini colpiti nel corpo e nello spirito. Era veramente un buon Samaritano, come Gesù.








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