2015-04-20 08:04:00

Tragedia nel Canale di Sicilia, un superstite: a bordo 950 persone


E’ un’ecatombe senza precedenti. I morti potrebbero essere 700. Ma si teme che il bilancio possa essere ancora più grave. Uno dei 28 superstiti ha riferito che a bordo c’erano almeno 950 persone, tra cui duecento donne e 50 bambini. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

Sul luogo del naufragio restano ora solo nafta e detriti. Ma quei tragici momenti sono scolpiti, in modo indelebile, nel doloroso ricordo e nelle disperate parole di un giovane del Bangladesh, sopravvissuto alla strage più grave del dopoguerra nel Canale di Sicilia. La traversata nel Mediterraneo è un racconto dell’orrore, con testimonianze simili a quelle di altre tragedie dell’immigrazione. Il barcone è partito da un porto libico a 50 km da Tripoli. Chi ha pagato le somme minori, tra cui donne e bambini, era nella stiva. Nel momento del naufragio a queste persone, i più disperati tra i disperati, è stato impedito di uscire. Quella nel Mediterraneo – ha osservato Ban Ki-Moon - è diventata "la rotta più letale del mondo". E’ necessaria – ha aggiunto il segretario generale dell’Onu - “una risposta globale e collettiva della comunità internazionale”. E’ inaccettabile quanto accaduto nel Canale Sicilia – ha detto inoltre l’Alto rappresentante per la politica estera europea, Federica Mogherini, che porrà oggi il tema all’ordine del giorno del Consiglio degli Esteri dell’unione Europea. 

Sull’impegno della comunità internazionale e l’appello di Papa Francesco, Marco Guerra ha intervistato mons. Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes:

R. - Si profila essere effettivamente la più grande tragedia di morti nel Mediterraneo di questi ultimi anni. Ai 950 morti dall’inizio dell’anno si aggiungono questi morti, questi numerosi morti che ripropongono necessariamente, immediatamente e assolutamente di ripensare ad un’operazione come "Mare Nostrum" di carattere europeo, che possa veramente diventare un canale umanitario per salvare la vita di tante persone in fuga. Dall’altra parte, questa tragedia ripropone la necessità – il Papa e Mattarella nel loro incontro l’hanno ricordato – di una azione internazionale di pace, che possa portare veramente una situazione di stabilità nel Nord Africa, in Palestina, in Siria e anche nel Corno d’Africa; un’operazione internazionale di politica e di pace che sia affiancata ad un "Piano Marshall" di cooperazione e di sviluppo verso questi Paesi da cui partono moltissime di queste persone.

D. – Il Papa è tornato a chiedere con forza, appunto, il coinvolgimento di tutta la comunità internazionale…

R. – Non ci si può fermare ad un’operazione Triton, che da subito abbiamo considerato e contestato come insufficiente a salvare le persone in mare, occorre fare uno sforzo unitario in Europa, per un’operazione che abbia le stesse caratteristiche di "Mare Nostrum" e non sia quindi un semplice controllo di frontiere, ma diventi veramente un presidio umanitario del Mediterraneo, che possa salvaguardare la vita delle persone.

D. – E poi c’è il fronte dell’accoglienza, molto difficile anche in Italia, dove c’è bisogno della partecipazione, del massimo impegno e del dispiegamento di tutte le forze in campo…

R. – Accanto ad un’operazione di presidio del Mediterraneo, un corridoio umanitario attraverso un’operazione come "Mare Nostrum", serve un piano sociale europeo di tutela dei richiedenti asilo, più risorse. Non si può in questo momento lesinare risorse attorno ad un tema, ad una tragedia che è così grave. Qui lo sforzo dell’Europa deve essere importante e di tutti i Paesi europei, compresa l’Italia e tutte le regioni italiane, impegnate in questo sforzo importante. Non si può di fronte a queste morti, ancora una volta, parlare di conti, parlare di economia e non guardare invece, anzitutto, alla salvaguardia della vita delle persone.

E su questa tragedia senza precedenti e l’ìmpegno sul fronte del’accoglienza dei migranti Marco Guerra ha raccolto anche il commento di Olivero Forti, responsabile per l'immigrazione della Caritas Italiana:

R. – Ormai noi siamo stufi e indignati nel contare morti in mare. Abbiamo più volte ripetuto – anche la settimana scorsa – che c’è bisogno di un’operazione - che sia europea, che sia per mano dell’Onu, che sia solamente italiana - che veramente, come "Mare Nostrum", salvi queste vite, perché se continuiamo a discutere su chi dovrà fare questa operazione, io credo che nelle prossime settimane e nei prossimi mesi si ripeteranno tragedie di questo tipo, e noi non vogliamo più che questo accada.

D. – L’appello fortissimo alla comunità internazionale arriva oggi anche da Papa Francesco al Regina Caeli. La Chiesa ancora una volta lancia il suo grido per queste persone che – come ha ricordato il Papa – vengono a cercare una vita migliore…

R. – Ma certo, Papa Francesco sin da quando, due anni fa, si è recato a Lampedusa ha avuto sempre questo tema molto chiaro e lucidamente aveva già tracciato la via che andava seguita per cercare di gestire in maniera umana, dignitosa e soprattutto cristiana questo fenomeno. Purtroppo le sue parole sono rimaste fino ad oggi inascoltate e qualcuno dovrà prendersi la responsabilità di quello che sta accadendo. E credo siano molte persone.

D. – La Caritas continua ad essere in prima linea sul fronte dell’accoglienza. In quetsi giorni la Sicilia e le coste del Sud Italia sono veramente oggetto di sbarchi continui. Com’è la situazione a fronte di questa nuova tragedia? 

R. – La situazione è preoccupante, perché chiaramente i flussi aumentano, anche qui secondo un trend che avevamo ampiamente previsto, ma rispetto al quale non ci si è riusciti nuovamente ad organizzare. Oggi si sta tentando, insieme anche al governo italiano, di predisporre tutte le misure adeguate per cercare di garantire appunto un’accoglienza dignitosa a persone che spesso provengono anche da situazioni come quella di questa notte, per cui non sono semplici profughi, ma naufraghi, gente che ha visto la morte con i propri occhi, ha visto morire i propri cari. Quindi vi assicuro che in questo caso l’accoglienza non è quella che ci si immagina solitamente – un pasto caldo e un letto – ma c’è molto di più da fare.

D. – Con Triton è cambiato tutto, perché ci troviamo di fronte a queste nuove tragedie…

R. – E’ chiaro, quando si diceva che l’operazione Triton sarebbe stata una "Mare Nostrum" europea, chi lo ha detto – e noi sappiamo bene che è stato in quella occasione – ha nascosto a tutti il fatto che - e per noi era abbastanza chiaro, essendo tecnici della materia – ci trovavamo di fronte ad un’operazione con un mandato completamente diverso: un mandato di controllo molto limitato nella area operativa. Tutto questo, quindi, avrebbe portato ed ha portato chiaramente a indebolire il sistema di salvataggio in mare, così appunto come è avvenuto. Per cui i tempi per spostare i mercantili in zona, per tentare di salvare queste imbarcazioni sono molto più lunghi, non sono attrezzati… Insomma, tutta una serie di questioni – ripeto – di ordine più tecnico, che nei fatti però si traducono in morti in mare.








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