2015-04-16 13:28:00

Vescovo Garissa: contro estremisti più intelligence e dialogo


Il pensiero del Papa, incontrando in Vaticano i vescovi del Kenya, è andato alle vittime dell’attacco al Shabaab al College universitario di Garissa, nella Settimana Santa. La testimonianza del vescovo coadiutore di Garissa, mons. Joseph Alessandro, intervistato da Festus Tarawalie:

R. – La nostra area geografica ha sempre rappresentato una sfida, non soltanto per il clima ma anche per la gente e soprattutto per i conflitti tra i diversi clan. Recentemente, però, questa sfida ha assunto una nuova faccia: quella dell’estremismo islamico, in particolare di un gruppo terroristico che viene dalla Somalia, il gruppo al Shabaab. Negli ultimi quattro mesi, questo gruppo ha compiuto tre massacri nella nostra diocesi: due sono stati compiuti poco prima del Natale, nella zona di Mandera. Gli insegnanti e gli altri lavoratori stavano partendo per andare a trovare i loro cari in occasione delle feste natalizie. Il loro bus era partito molto presto al mattino, ma dopo soltanto qualche chilometro è stato fermato dagli al Shabaab. Hanno fatto scendere tutti i passeggeri, hanno separato i musulmani e i cristiani, hanno lasciato andare i musulmani, hanno fatto stendere, faccia a terra, i cristiani e hanno sparato loro in testa. Hanno ucciso 27 cristiani, cattolici e protestanti. Neanche due settimane dopo, in una cava di pietre lo stesso gruppo, molto presto al mattino, è entrato, ha separato i musulmani dai cristiani ed ha ucciso 38 cristiani. Sempre gli al Shabaab hanno attacco poi l’Università di Garissa. Dalla nostra casa abbiamo sentito gli spari, era presto, al mattino. Durante il giorno si è sparsa la notizia che gli al Shabaab avevano attaccato l’ateneo e lo tenevano sotto controllo. Sono entrati, hanno cominciato a sparare, hanno preso poi degli ostaggi e li hanno uccisi tutti.

D. – Il governo, come reazione, vuole chiudere il campo rifugiati a Dadaab, che ospitata circa 350 mila somali; vuole anche costruire un recinto di sicurezza. Che ne pensa?

R. – Anche se riuscissero ad attuare questi due progetti, non risolverebbero il problema.

D. – Ma allora cosa bisogna fare?

R. – Bisogna che il governo rafforzi la sua intelligence.

D. – In via preventiva?

R. – Sì, per prevenire eventuali attacchi.

D. – A livello di Chiesa, quali le iniziative intraprese dal punto di vista del dialogo interreligioso?

R. – Come Chiesa cattolica, già da un anno abbiamo lanciato un programma di dialogo interreligioso tra cristiani – non soltanto cattolici – e musulmani. Siamo riusciti a far incontrare, insieme, diversi gruppi di leader, di imam con i presbiteri delle Chiese protestanti e con i nostri sacerdoti. Abbiamo coinvolto anche gruppi di donne, che hanno molta influenza sulla comunità. Abbiamo cercato di coinvolgere i giovani, anche attraverso lo sport. Abbiamo cercato di farli incontrare, di farli stare insieme, di farli conoscere per dimostrare che si può vivere insieme, si può lavorare insieme, si può giocare insieme al di là delle diversità di fede e di religione.








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