2015-04-14 13:38:00

Chibok. La Nigeria ricorda le vittime di Boko Haram


La Nigeria ricorda oggi con manifestazioni e messaggi di solidarietà il primo anniversario del rapimento, da parte degli integralisti islamici di Boko Haram, di quasi 276 ragazze di un liceo di Chibok, nello stato del Borno. L’impegno sarà massimo ma “non possiamo promettere" che le rapite saranno ritrovate, ha detto in un comunicato il nuovo presidente, Muhammadu Buhari. Amnesty International invoca l’intervento della comunità internazionale e parla di rischio per milioni di persone. Massimiliano Menichetti ha intervistato Riccardo Noury, portavoce in Italia dell’organizzazione:

R. – E’ un conflitto certamente molto lontano da noi, nel quale vengono sacrificate vite di civili. Ora, la speranza è che il governo nigeriano faccia diversamente e che non solo non risponda in maniera fiacca, e tra l’altro con violazione dei diritti umani, ma risponda in maniera efficace, aiutato anche dalla comunità internazionale. Ci sono milioni di persone che sono in pericolo nel nordest della Nigeria, e non solo. Dall’inizio del 2014, negli ultimi 16 mesi sono stati almeno 5.500 i civili uccisi da Boko Haram in decine e decine di attacchi e 2.000 è il numero stimato delle donne e delle bambine rapite, sempre dall’inizio del 2014. Di tempo ne è già passato tanto. Ora bisogna veramente fare qualcosa di concreto.

D. – Centro di queste violenze è lo Stato del Borno. Anche Niger e Ciad sono impegnate nella repressione di questa realtà. Eppure, questo non sembra bastare…

R. – Intanto, servirebbe che chi combatte contro Boko Haram desse il buon esempio. Per mesi e mesi, abbiamo assistito all’inefficacia e all’inefficienza della reazione militare nigeriana, che non solo non ha impedito che si compissero raid ed attacchi – quando c’era il tempo per impedirli e quando addirittura Boko Haram aveva dato un preavviso – ma si è basata, questa riposta, anche su violazioni dei diritti umani: torture, sparizioni, esecuzioni extragiudiziali... Si è basata sulla strategia miope e infelice di dare le armi alla popolazione. Una soluzione, che si trovi presto, deve basarsi sul rispetto dei diritti umani e non sulla loro violazione.

D. – Quale sarà la strategia di Muhammadu Buhari, il nuovo presidente che ha sostituito Goodluck Jonathan?

R. – La strategia vincente deve essere anzitutto basata sulla credibilità e sulla protezione dei civili. Deve evitare che politiche basate sulla discriminazione e sullo scontro etnico e religioso finiscano per alimentare ulteriormente Boko Haram, che ha già 15 mila combattenti. Ultima questione: c’è un tema di corruzione, di mancata chiarezza nella linea di comando, nell’obbedienza agli ordini militari, nel pattugliare il territorio, che chiama in causa le Forze armate nigeriane compromesse talvolta con Boko Haram e niente affatto desiderose di proteggere la popolazione, specialmente se sono donne o minoranze religiose. Questo è un tema che il nuovo presidente dovrà affrontare molto presto.

D. – Si ha un po’ l’impressione che lo Stato del Borno sia lasciato un po’ a se stesso, con Boko Haram che continua a minacciare di voler islamizzare tutto il Paese…

R. – Certamente, è stato lasciato a se stesso nel corso degli ultimi anni, perché è lì che Boko Haram si è alimentato, si è rafforzato. E' lì che ha messo le sue basi, i suoi centri di addestramento, di prigionia, di indottrinamento... E’ uno Stato nel quale comunità – cristiana e musulmana – che vivevano più o meno armoniosamente, si sono messe una contro l’altra e ne hanno fatto le spese certamente più i primi che i secondi, in termini di vite umane… Quindi, chissà se il presidente neoeletto, che è musulmano, stavolta penserà di proteggere quella parte del Paese che gli ha dato tanti voti. E’ ovvio che nel farlo non dovrà discriminare. La protezione va assicurata a tutti quanti, specialmente alle donne, specialmente alle minoranze religiose, specialmente a coloro he sono più vulnerabili.








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