2015-04-13 12:51:00

Il 3 maggio parte processo Beatificazione di mons. Câmara


La Chiesa brasiliana di Olinda e Recife aprirà il prossimo 3 maggio la fase diocesana del processo di Beatificazione di mons. Hélder Câmara, che fu a capo dell’arcidiocesi dal 1964 all’85 – e dove vi morì nel 1999. Mons. Câmara fu un pastore di straordinaria sobrietà personale e totalmente dedito al sostegno e al riscatto dei poveri, tratti che richiamano molto da vicino lo stile di Papa Francesco. Lo sottolinea il giornalista Gerolamo Fazzini, esperto di informazione religiosa, intervistato da Alessandro De Carolis:

R. – Sicuramente, c’è questa forte analogia tra il Papa e Câmara. Tra l’altro, Câmara  andò in Argentina, quindi era ben conosciuto anche dall’ambiente ecclesiale argentino di cui lo stesso Bergoglio faceva parte. C’è sicuramente una forte assonanza sul tema dei poveri: Papa Bergoglio parla dei poveri come della “carne di Cristo” e Câmara parlava dei poveri come un fratello e una sorella in cui si incontra la presenza divina. Quindi, c’è veramente una fortissima assonanza. Il tema delle periferie è un altro argomento di stretta corrispondenza tra i due e, in generale, un po’ l’idea della Chiesa che ha uno sguardo di misericordia, di apertura a 360 gradi.

D. – Il messaggio “antimondano”, per così dire, di Papa Francesco colpisce a fondo la società odierna. In che modo quello di Dom Hélder Câmara aveva colpito quella del suo tempo e dei suoi luoghi?

R. – Câmara  fu uno dei primissimi a denunciare lo squilibrio esistente tra Nord e Sud del mondo. Ricordiamo che lui comincia a farsi largo, a livello di magistero, di notorietà internazionale, tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta. La denuncia della mondanità, quindi, sta nel fatto appunto che c’era una parte del mondo ricca che seguiva determinati miti del progresso, del benessere economico, lasciando alle spalle  le masse povere, escluse e così via. Ma questo sia a livello di denuncia sociale generale, sia all’interno della Chiesa. Durante il Concilio, Câmara  fu uno dei promotori del cosiddetto “Patto delle catacombe”, che si riprometteva di fare uscire dal Concilio una Chiesa profondissimamente rinnovata proprio nel segno della povertà, della spoliazione di simboli esteriori. Lui stesso aveva una croce pettorale di nessun valore dal punto di vista economico, perché voleva lanciare questo tipo di messaggi. Io stesso, che sono stato a visitare la sua camera, ho trovato questi ambienti estremamente spogli, poveri: c’era un’amaca dove lui dormiva, qualche mobiletto, una biblioteca molto, molto ridotta. Anche nella vita quotidiana, concreta – un po’ come il Papa adesso a Santa Marta – Câmara diede testimonianza di questo stile estremamente sobrio, antimondano.

D. – Lo hanno detto a Papa Francesco, come a suo tempo lo dissero anche a Dom Hélder Câmara: quello di essere un sacerdote “comunista” perché interessato al servizio dei poveri. Perché questo cliché non muore mai?

R. – Beh, perché storicamente ci sono stati episodi, e non uno solo, di scivolamento ideologico e anche pragmatico di alcune persone della Chiesa che, appunto, servendo i poveri poi sono finite nella militanza più politica, tradendo magari gli ideali evangelici. Ma questo non dà assolutamente a nessuno il diritto di appiccicare etichette antipatiche, come questa del vescovo “comunista”, a suo tempo a Câmara o al Papa adesso. Sono stereotipi che fanno fatica a morire, bisogna proprio scrollarceli di dosso. Se uno va a leggere le lettere spedite dal Concilio da Câmara, trova una persona di una spiritualità profondissima, una persona che pregava molto, che raccomandava la preghiera, che quindi che aveva un approccio alla situazione sociale che non partiva da teorizzazioni ideologiche o da schemi fatti a tavolino, ma partiva da un discernimento alla luce della Parola di Dio, quindi uno sguardo assolutamente di tipo spirituale, che poi certo chiedeva dei cambiamenti sociali, chiedeva una serie di scelte anche molto concrete. Il punto di partenza, però, era chiarissimo.

D. – Qual è l’eredità di Dom Hélder Câmara?

R. – Intanto, c’è un’eredità concreta a livello di magistero, perché in Brasile stanno uscendo a poco a poco – l’Istituto Hélder Câmara se ne sta occupando – gli scritti. E il fatto che a tanti anni di distanza – più che dalla sua morte, avvenuta in tempi recenti, del periodo più “caldo” del suo magistero – questi scritti siano attuali dimostra il fatto che lui aveva colto nel segno e che la lettura della sua situazione non era ancorata a qualcosa di contingente, ma andava molto in profondità. Poi, c’è un’eredità molto più profonda nello stile in cui la Chiesa brasiliana e, in generale, la Chiesa latinoamericana ha fatto sua l’opzione preferenziale dei poveri. Se la Chiesa brasiliana – e ripeto più in generale latinoamericana – ha fatto un certo cammino e ha tuttora, nonostante l’erosione dall’ambito protestante, un forte consenso a livello popolare è proprio perché è una Chiesa credibile, in quanto amica dei poveri, in quanto una Chiesa autenticamente evangelica. E questo lo deve anche a Câmara.








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