2015-04-11 16:08:00

Christine Lagarde: l'economia cresce, non i posti di lavoro


L’economia mondiale è cresciuta, ma servono più posti di lavoro. A dirlo è Christine Lagarde, direttore generale del  Fondo monetario internazionale, Fmi, che in un’intervista concessa ad un alleanza editoriale che si compone di sette giornali, sottolinea come la crescita dal 2013 sia stata mediamente del 3,5%, lo stesso tasso medio dell'economia mondiale negli ultimi due decenni. Questa crescita però - afferma - "non sta creando i posti di lavoro necessari”. Francesca Sabatinelli ha commentato le dichiarazioni con Elisabetta Addis, docente di Economia politica all’Università di Sassari e Politica ed Economia del Welfare alla Luiss:

R. – Questa in assoluto è un’ottima notizia, perché vuol dire che noi siamo riusciti a produrre più cose belle con lo stesso numero di ore di lavoro. Il problema che nasce è che se non crescono anche i posti di lavoro, le persone non hanno accesso al reddito per godere anche loro della crescita economica. Per cui, secondo me, ciò che la Lagarde ha detto indica l’urgenza di individuare dei meccanismi di redistribuzione, meccanismi per cui o le ore di lavoro vengono redistribuite e vengono in questa maniera assunte più persone o i redditi vengono redistribuiti e anche a chi non ha lavoro si dà un sostegno di reddito che consenta di partecipare all’aumentato benessere comune.

D. – E  la Lagarde infatti elenca i fattori alla base delle disuguaglianze: la tecnologia, ma, appunto come ci diceva lei, c’è la finanza che concentra risorse smisurate su un gruppo ristretto…

R. – Le due forze vanno nella stessa direzione. L’innovazione tecnologica rende sempre più retribuito e remunerato sul mercato il lavoro qualificato, chi invece non è in grado di acquisire quelle capacità e quelle competenze, ed è ancora lavoro senza alcuna qualifica, ormai è stato quasi completamente soppiantato dalle macchine e dall’innovazione tecnologica, e così via, e non trova lavoro. Il secondo punto è la finanza, un problema abbastanza più complesso. Per la finanza si può parlare, da un lato di una funzione positiva di mandare i capitali dove sono necessari, questo fa il finanziere: cerca i punti in cui il capitale rende di più e quindi permette l’uso migliore del capitale dove è più necessario. Dall’altro, però, invece, c’è anche tutto un meccanismo di competizione fra i finanzieri per ottenere le rendite maggiori e questo è il cosiddetto “rent seeking”, cioè l’aspetto non produttivo della finanza, per cui la finanza si appropria di una fetta del prodotto maggiore di quello che effettivamente è il loro contributo al benessere sociale. Il problema è regolare la finanza. Lagarde dice che un po’ è stato fatto, e ha ragione, un po’ è stato fatto, specialmente dal lato prudenziale, cioè per evitare che la finanza produca crisi come quella del 2008, che ha avuto origine in un difetto di regolamentazione finanziaria. La finanza è stata regolamentata per evitare i rischi derivanti dalla finanza, però finora non è stata regolamentata quasi per nulla, per quanto riguarda la redistribuzione dei redditi eccessivi che fa la finanza. E su questo io vedo anche poche proposte sul tappeto. La Lagarde lo dice, ma non dice come si può fare a redistribuire redditi dal mondo della finanza al mondo della produzione non finanziaria.

D. – A suo giudizio, quali potrebbero essere questi meccanismi?

R. – Nella cosiddetta Golden Age, l’età dell’oro dell’economia europea – gli anni ’60 e ’70 – il meccanismo redistributivo che ha arricchito le nazioni effettivamente è stata la costruzione dello stato sociale. Il problema è che poi maturando questi stati sociali sono diventati anch’essi molto meno efficienti, più sclerotici in un certo senso, continuando a rispondere a bisogni vecchi e anche avendo comportamenti interni burocratici che li hanno resi meno efficienti. Quindi, un meccanismo principale sarebbe: la costruzione dello stato sociale dove non c’è. I Paesi europei hanno un welfare state maturo che va riformato e reso più snello ed efficiente, però i Paesi del Nord Africa lo stato sociale non ce l’hanno. Nel mondo c’è ancora molto bisogno di stato sociale che accompagni la crescita economica privata industriale del mercato. E’ un complemento, non è assolutamente un antagonista di questa crescita. Quindi questa saggia creazione di stato sociale a livello mondiale, secondo me, è un primo passo. Il secondo è quello che dicevo prima, cioè riuscire ad intercettare una parte dei redditi che provengono dalla finanza e rimetterli in circolo. Perché uno dei problemi è anche che i finanzieri risparmiano molto e spendono poco, va bene lo yacht di lusso, ma c’è un limite a quanti yacht si possono comperare, per cui in qualche maniera tassare, prelevare, denaro dalle reti finanziarie e redistribuirlo è un atto a questo punto politicamente importante. Bisogna, però, costruire l’accordo politico sul fatto che questo vada fatto e i finanzieri hanno molti agganci politici. Quindi, sarà difficile farlo, perché poi i finanzieri finanziano anche le campagne politiche; farlo a livello internazionale, perché la finanza scappa. Se la tassa è in Italia, se ne scappa alle Bahamas. E’ molto difficile. Quindi tassare la finanza richiede un ripensamento del governo mondiale dell’economia. E’ veramente il compito della signora Lagarde e degli organismi sovranazionali del G8 che ci stiamo piano piano dando. Una cosa che mi dispiace è che ancora nei cittadini europei non ci sia la consapevolezza di questo fatto: che i problemi economici si sono spostati a livello globale, mondiale. Continuiamo a perdere tempo, a guardare nelle beghe del cortile di casa nostra e a non avere quella vista lunga sui problemi economici del mondo, che ogni giorno è più urgente.








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