2015-04-10 14:16:00

Convegno Vita Consacrata. Braz de Aviz: riscoprire vocazione


Si concluderà domani il Convegno organizzato dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e Società Apostolica sul tema della formazione dei religiosi. Vi hanno preso parte 1.300 formatori da 107 Paesi diversi e appartenenti a 400 carismi. Al microfono di Roberta Barbi, il prefetto della Congregazione, il cardinale João Braz de Aviz, spiega come s’inserisce questo appuntamento nell’Anno che il Papa ha voluto dedicare proprio alla Vita Consacrata:

R. – Un po’ dappertutto c’è questo risveglio, questo voler camminare insieme. C’è soprattutto il desiderio di riprendere la vita consacrata come una forma molta vicina a quello che Gesù ha voluto per alcuni, seguendo questo modello delle tre realtà del Regno dei Cieli: la povertà, la castità e l’obbedienza, che non sono comandamenti, ma sono consigli evangelici. In quello che il Papa ci ha detto, ci sono tre punti – come diceva lui stesso – dei quali bisogna avere cura oggi: il discernimento vocazionale, cioè il numero, le necessità per le opere non devono affrettare il discernimento di una vocazione per un cammino così esigente e così bello com’è quello della vita consacrata. Il secondo punto è la questione della formazione: noi dobbiamo veramente curare bene la formazione, avendo come punto di partenza la persona di Cristo e il Vangelo. Riprendere la strada della "sequela Christi". Infine, la terza cosa: c’è bisogno, nella formazione, di tenere anche molto in conto il mistero della persona.

D. – Papa Francesco ha tracciato per l’Anno della Vita Consacrata tre obiettivi: guardare al passato con gratitudine, vivere il presente con passione, abbracciare il futuro con speranza…

R. – Noi vogliamo non tanto guardare agli sbagli che sono stati fatti o alle difficoltà che abbiamo avuto: a noi interessa guardare soprattutto a questo carisma, che è stato un dono per la Chiesa  e che già ha fruttato tanto. Guardiamo anche indietro a questo ultimo tratto, dal Concilio a oggi: ha segnato un punto di partenza importantissimo con il dialogo con il mondo. Al futuro si deve guardare con speranza. Perché? Perché Dio è fedele, Dio non rompe la sua alleanza con il suo popolo. E invece, riguardo al presente, riprendere la strada della gioia di seguire Gesù, perché ci ha dato una vocazione, che è solo una delle vocazioni della Chiesa, però una vocazione molto bella e che ci permette di stare molto vicino a Lui.

D. – Nella sua relazione introduttiva, ha sottolineato che la formazione “tocca da vicino il mistero della persona umana nel suo rapporto con il Signore e con i fratelli”. Cosa significa?

R. – Se noi non ritroviamo la bellezza di quella prima chiamata, di quello sguardo di Gesù per noi, tutto il resto cade nell’ombra. Non sono le opere che ci sostengono, non sono le strutture che ci sostengono, non sono le case o i soldi che ci sostengono, ma sono questo sguardo di Gesù e questa chiamata di Gesù, che ognuno di noi sa dov’è situata dentro di noi. Noi dobbiamo, di nuovo, ritrovare questo rapporto con il Signore assieme ai fratelli.

D. – La sfida principale del mondo di oggi per la formazione e l’educazione è legata ai nuovi media e alle nuove forme di comunicazione digitale. Come viene affrontata dai religiosi questa sfida?

R. – È una delle sfide. Una sfida che indica che c’è un cambiamento forte. Bisogna però, io penso, prima trovare un rapporto molto positivo, perché i media hanno un grande valore, ma essendo strumenti riportano tutto quello che un mezzo di comunicazione può riportare. Non si può avere un contatto con i mezzi di comunicazione e con le persone di comunicazione attraverso una negatività, negando cioè la libertà di usarli. Dobbiamo ritrovare un cammino che sia quello della libertà, della capacità di discernimento e di usare questi mezzi per il bene dell’evangelizzazione. In questo Congresso vediamo quanto questi mezzi ci stanno servendo.

D. – Questo è un Congresso di respiro internazionale. La condivisione di esperienze tra formatori può costituire una base utile al dialogo interreligioso, altra sfida preminente della società odierna?

R. – Noi abbiamo fatto una tale esperienza… Abbiamo detto: “Perché l’abbiamo scoperta solo adesso?”. Prima di questo incontro, di questo Congresso, abbiamo fatto un colloquio ecumenico tra varie Chiese cristiane, monaci dell’Oriente e dell’ortodossia, monaci anche di altre Chiese, frati e suore della Chiesa anglicana, della Chiesa metodista. Abbiamo trovato che le fonti, il punto di riferimento, i fondatori praticamente sono tutti gli stessi. Ci hanno detto: “Che bello che Roma ci abbia chiamato a camminare più insieme!”. E noi adesso terremo conto di questa cosa. Lo stesso può avvenire riguardo alla questione del dialogo interreligioso, perché le grandi tradizioni del monachesimo hanno un senso di Dio così forte che tutto quello che non è contro il Vangelo è anche nostro: la fede con diversità, ma una fede che può dialogare. Noi pensiamo che anche in futuro questo si potrà sviluppare molto di più.








All the contents on this site are copyrighted ©.