2015-04-05 10:22:00

Pasqua in Terra Santa. Padre Pizzaballa: cristiani a rischio


La Terra Santa, per i cui abitanti il Papa nel messaggio Urbi et Orbi ha implorato la pace, vive anche questa Pasqua tra speranze e sofferenze. Lo ha ricordato pure il Patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal, nell’omelia pasquale. "Ogni giorno in Medio Oriente - ha detto - siamo testimoni dei tragici eventi che ci fanno anche contemporanei del Calvario". La piccola comunità cattolica ha già cantato ieri mattina l'Alleluja pasquale, per le norme sullo “statu quo” che stabiliscono i turni per le tre comunità cristiane (greco ortodossi, latini e armeni) che condividono la Basilica del Santo Sepolcro. Sul significato di questa Pasqua, ascoltiamo il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, al microfono di Amedeo Lomonaco:

R. - Il significato della Pasqua è sempre lo stesso. Ma le circostanze lo rendono sempre un qualcosa di nuovo. Le difficoltà, purtroppo, in Terra Santa ma nel Medio Oriente in generale, le conosciamo. La presenza cristiana è sempre messa più a rischio in Medio Oriente - e penso a Siria e Iraq - da persecuzioni drammatiche e ingiustificabili e qui, in Terra Santa, da un assottigliarsi sempre maggiore della presenza del numero di cristiani.

D. - Cosa significa essere presenti in Terra Santa e vivere la Santa Pasqua proprio nella Terra di Gesù?

R. - Innanzitutto gli eventi pasquali, le celebrazioni vengono fatte nei luoghi che storicamente, secondo la tradizione, sono stati i luoghi che hanno vissuto la Pasqua originaria. Questo è già un aspetto molto importante che lega l’evento con il luogo e, quindi, con qualcosa di concreto che possiamo toccare. Detto questo, poi, non sono soltanto i luoghi ma, soprattutto, le comunità a fare Pasqua. E fare Pasqua significa per noi cristiani dare questa testimonianza: nonostante le paure e i tanti segni di morte, noi continuiamo, anche se siamo piccoli, fragili, con tanti limiti, divisi, a voler dare a tutti i costi una testimonianza di vita e di speranza.

D. - Qual è oggi la speranza più forte in Terra Santa?

R. - La speranza è già nello stare qui, è nelle piccole cose di tutti i giorni. Non è il momento per i grandi eventi, è il momento del chicco di grano che fa frutto ma senza fare chiasso e poco alla volta, lentamente. Le comunità cristiane in Terra Santa sono molto piccole - siamo non di più dell’uno per cento della popolazione -  ma molto attive, nelle scuole e nelle diverse attività. La speranza, la vita, la risurrezione è proprio in questo continuare caparbiamente a costruire le relazioni nelle comunità e anche con le altre, nonostante le tante difficoltà.








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