2015-04-05 10:18:00

Pasqua in Siria, mons. Zenari: il Paese vive ancora la Via Crucis


In Siria la Pasqua coincide con il quinto anno di guerra. Ieri i jihadisti del sedicente Stato Islamico (Is) e i miliziani del fronte Al-Nusra, legati ad Al-Qaeda, hanno preso il controllo della maggior parte del campo profughi palestinese di Yarmuk, nei pressi di Damasco. Il sito è stato bombardato nella notte dall'esercito di Assad. Almeno 13 i morti, secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani. Intanto 2 mila civili hanno evacuato questa mattina il campo. Alcune centinaia di palestinesi hanno manifestato nella Striscia di Gaza, per solidarietà contro l'occupazione di Yarmuk e hanno chiesto alla comunità internazionale di aiutare i civili. Intanto, le comunità cristiane, anche loro vittime della violenza dello Stato Islamico, vivono nella fede questo tempo di speranza. Ma qual è l’attuale situazione della Siria, sempre presente nei pensieri di Papa Francesco, e in particolare dei cristiani? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a mons. Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco:

R. – Come si sa, la Siria è entrata – purtroppo – nel quinto anno di guerra civile e si sta vivendo una Via Crucis. Ora quello che pesa più di tutto è sapere a che punto siamo di questa Via Crucis: siamo all’ultima stazione, quella che precede la schiarita della Resurrezione, o siamo ancora magari alla quinta stazione della Via Crucis? C’è quest'aria che pesa e che ancora non fa intravedere la fine di questa Via Crucis.

D. – In questa situazione è possibile mantenere viva la speranza nella Resurrezione, ovvero in una pace che rappresenta ora il bene primario che porterebbe con sé – tra l’altro – una spinta per la soluzione di tutti gli altri problemi?

R. – I fedeli, qua, rinnovano la loro fede e, anche se diversi cristiani hanno preso la via dell’emigrazione, quelli che rimangono però dimostrano una fede forte: frequentano le chiese, frequentano in questi giorni le liturgie della Settimana Santa per invocare dal Signore il dono della pace, il dono della riconciliazione… Direi che la fede è sempre un grande conforto per i nostri fedeli e anche per il resto del Paese.








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