2015-04-04 12:28:00

Al Shabaab minaccia il Kenya. Pozzi: popolazione sconcertata


Dopo l’arresto di cinque persone per la strage all’università di Garissa, in Kenya, condannata anche da Papa Francesco, i miliziani somali di al Shabaab tornano oggi a minacciare il Paese di un nuovo “bagno di sangue”. Intanto, l'ulitmo bilancio dell’attacco di giovedì scorso è di 148 morti, una settantina di feriti e circa 300 studenti dispersi. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, promette che visiterà il Kenya il prossimo luglio. Per parlare del clima nel Paese alla vigilia di Pasqua, Roberta Barbi ha raggiunto telefonicamente a Nairobi Anna Pozzi, giornalista di "Mondo e missione":

R. – Qui, a Nairobi, tutti parlano dell’orribile strage di Garissa, anche se Nairobi è molto lontana non solo geograficamente da Garissa, ma è proprio un mondo a sé rispetto al resto del Kenya. Però, chiaramente tutti i giornali, le televisioni non parlano d’altro, anche la gente. Da un lato c’è molto sconcerto e dall’altro la difficoltà a capire quello che è successo, perché è tutto troppo orribile. Poi, arrivano le testimonianze dei ragazzi sopravvissuti: ieri sono arrivati i corpi di quelli che sono morti… Anche se la città sembra che vada avanti alla velocità della luce, comunque tutto ciò sta permeando anche questa vigilia di Pasqua.

D. – Oggi, i miliziani di al Shabaab sono tornati a minacciare il Kenya. Come sta vivendo questi momenti la comunità cristiana locale?

R. – Ieri, alla Via Crucis c’era moltissima gente. Io sono stata a una di quelle che si sono svolte in un quartiere periferico e popolare di Nairobi e non c’era nessun segno d’insicurezza, di paura. C’era veramente tantissima partecipazione, una voglia di normalità e di poter vivere questo Triduo pasquale nonostante tutto.

D. – Da più parti è stato detto che l’attacco non giungeva inaspettato, molte erano state le minacce. Si poteva fare qualcosa di più sul fronte sicurezza?

R. – Molti sono estremamente polemici con il governo, perché c’erano state delle minacce e minacce specifiche su Garissa. Il presidente proprio pochi giorni fa si era scagliato contro il provvedimento del governo britannico di sconsigliare ai propri cittadini di venire in Kenya. La gente pensa che il governo non stia facendo abbastanza e soprattutto molti sono convinti che questo sia la conseguenza dell’impegno dei militari keniani in Somalia.

D. – La comunità musulmana del Kenya ha condannato fortemente l’attentato…

R. – Certamente questa presa di posizione è importante, perché quello che è successo nei giorni scorsi, e quello che era già successo in passato, non deve diventare anche il pretesto per approfondire le divisioni tra le comunità religiose o creare delle occasioni di odio e di scontro. Ieri mattina sono andata nella seconda più grande moschea di Nairobi e la persona che ci ha fatto entrare e che ci ha accompagnato durante la visita quando ho accennato agli eventi di Garissa era molto rattristata e quasi si scusava e diceva: “Ma quella non è la nostra religione. Noi non siamo terroristi, la nostra è una religione di pace”. Era molto provata da questo evento così drammatico in cui non si riconosceva assolutamente.

D. – Il bilancio dell’attacco a Garissa è di 148 morti, ma ci sono anche 300 studenti di cui non si hanno più notizie…

R. – Non so se ci siano altri morti o se ci siano altre notizie. Per il momento, mi sembra che questi siano i dati ufficiali che vengono comunicati anche qui. C’è uno sconcerto incredibile per questa strage, la gente fa davvero fatica a capire se abbia un senso uccidere degli studenti, degli innocenti… E' davvero una cosa che ha colpito molto.








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