È partito alla volta dell’Iraq il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, per portare la benedizione e l’aiuto concreto di Papa Francesco alle famiglie cristiane e di altri gruppi del Paese. Si tratta di persone costrette a lasciare le loro case, soprattutto a Mosul e nella Piana di Ninive, a causa delle violenze dei gruppi jihadisti del sedicente Stato Islamico (Is): tali famiglie hanno trovato rifugio perlopiù nella regione autonoma del Kurdistan iracheno, grazie all’aiuto della Chiesa locale e della rete Caritas.
Il porporato, che già nell’agosto scorso visitò le comunità cristiane irachene, ha intanto fatto tappa in Giordania, dove ha visitato due parrocchie di Amman che accolgono rifugiati iracheni, ha incontrato il responsabile della Caritas in Giordania e ha visto anche l'allestimento per l'accoglienza di una ventina di famiglie. “Ho ammirato e sono rimasto edificato - ha detto - dalla generosità di tanti. E’ bello vedere che queste famiglie riescono a ritrovare una loro dignità e amicizia”. Nella parrocchia di Maria Madre della Chiesa, ha potuto inoltre constatare il cardinale Filoni, funziona una scuola pomeridiana per i figli dei rifugiati, con circa 300 bambini. In serata partirà per Baghdad, dove peraltro oggi si registrano almeno 4 vittime in due attacchi con autobomba, in concomitanza con la visita in città del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon. Della situazione dei cristiani iracheni ci parla mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad dei caldei e presidente di Caritas Iraq, intervistato da Giada Aquilino:
R. – I cristiani di Mosul e di Ninive si trovano nelle stesse condizioni del giugno scorso purtroppo, quindi nelle tende, in caravan, alcuni hanno affittato anche delle case, però vivono comunque in una situazione tragica. Ci chiedono sempre: “Padre, quando potremo tornare nelle nostre case?".
D. – Quali sono le loro condizioni?
R. - Stanno come quando hanno lasciato le loro case e sono fuggiti dai loro villaggi; aspettano con grande ansia e pregano ad esempio per la liberazione della Piana di Ninive. Al momento si trovano nel nord, quindi ad Erbil, ad Ankawa o nei dintorni, insieme ad altre minoranze che sono state cacciate dai loro paesi e dalle loro case.
D. - Perché i cristiani, così come anche altre minoranze, sono stati perseguitati? Sono stati costretti a lasciare le loro abitazioni?
R. – E’ una questione terribile, che fa soffrire. I fanatici, quelli dell’Is, perseguitano tutti quelli che non la pensano come loro e che non si uniscono a loro. E’ proprio un fanatismo ignorante. Non hanno una coscienza, non hanno religione. Come dicono gli stessi musulmani: “Questi non sono musulmani!". Quei cristiani che hanno lasciato le loro case hanno preferito Cristo a tutto.
D. – Si può parlare di Chiesa martire?
R. – Certo. Parliamo in generale delle Chiese orientali, ma quella caldea specialmente è una Chiesa martire. Certamente i martiri non mancano in tutto il mondo, ma la nostra situazione è davvero molto tragica. Siamo riamasti così pochi: però, mettiamo tutto nelle mani della Provvidenza Divina e diciamo: “Oh Signore, noi ti preferiamo a tutto”.
D. – Nelle sedi Onu e non solo, la Santa Sede ha più volte lanciato l’allarme perché la minaccia rappresentata dal sedicente Stato Islamico, da al Qaeda e dai vari gruppi terroristici che operano in Medio Oriente sta generando il rischio di scomparsa completa dei cristiani dalla regione…
R. – Certamente! Più volte molti hanno detto che c’è un grande complotto contro i cristiani del Medio Oriente per farli completamente sparire. Ma com’è possibile? La nostra storia ha 2000 anni, i nostri monumenti così andranno in rovina e verranno distrutti da questa gente barbara, che non ha alcuna coscienza, non ha alcuna cultura, non ha niente.
D. – Il cardinale Filoni in Iraq porta la solidarietà del Papa. Francesco, quindi, non dimentica le tante famiglie cristiane, ma anche tutti gli altri gruppi costretti a lasciare le loro case. Con quali sentimenti i cristiani iracheni ricevono le parole e la solidarietà del Papa?
R. – Il Papa ha fatto molto per noi, anche materialmente. Quando ci vede, mostra la sua solidarietà per noi. Così mi diceva tre settimane fa: “Io sono con voi. Voi vescovi siate sempre vicini al vostro popolo, ai vostri fedeli, ai vostri sacerdoti”. Quindi preghiamo insieme e ringraziamo Dio per questo dono che ci dà. Così, di fronte a queste difficoltà, tutti sanno della nostra tragedia, che non sappiamo come finirà.
D. – Siamo nella Settimana Santa: nonostante le difficoltà, come ci si prepara alla Pasqua?
R. – Cerchiamo di prepararci come al solito. Chiediamo al Signore di aiutarci ad andare avanti. Ieri è stata una bella Domenica delle Palme: tante le chiese riempite dai fedeli, dai bambini. Abbiamo grande fiducia e speranza nel Signore, che ci aiuterà a celebrare le feste pasquali. Si dice sempre che la Pasqua è gioia e prima di tutto gioia spirituale, quella che entra nei nostri cuori, per presentarla poi anche a tutti gli iracheni. La nostra speranza è nel Signore e in tutti gli uomini di buona volontà. Tutte le Caritas del mondo ci hanno aiutato e certamente il Santo Padre, che ci incoraggia. La consolazione viene così nel nostro cuore e ci fa felici.
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