2015-03-26 14:16:00

Profughi nigeriani. Caritas Internationalis: situazione catastrofica


Sempre più drammatica la situazione in Nigeria: sono 150mila i rifugiati nei Paesi vicini e 800mila gli sfollati interni, molti dei quali ospiti nei campi di accoglienza messi a disposizione della Chiesa cattolica. Stilare un piano d’azione e creare una rete tra Caritas locali e ong è l’obiettivo di un incontro che si svolge, oggi e domani, presso la sede della Caritas Internationalis a Palazzo San Calisto a Roma. “Il terrore e la sofferenza del popolo nigeriano sono estremi“ denuncia padre Evaristus Bassey, direttore esecutivo di Caritas Nigeria. Ma quali sono i bisogni più urgenti della popolazione a due giorni dalle elezioni presidenziali e dopo l'ultimo rapimento di oltre 400 tra donne e bambini da parte di Boko Haram? Elvira Ragosta lo ha chiesto a Moira Monacelli, coordinatrice regionale per l’Africa occidentale di Caritas Italiana:

R. – Sono i bisogni primari: alimentari; i bisogni nell’ambito della sanità, quindi medicine, primo soccorso; alloggio: sono persone che hanno perso le proprietà, hanno perso tutto; bisogni per quanto riguarda igiene e accesso all’acqua potabile, in particolare nei campi profughi. Ci sono però anche bisogni di supporto psicosociale per superare il trauma di avere lasciato le proprie case. I gruppi più vulnerabili, tra questi, sono le donne e i minori.

D. - Molti sono i nigeriani costretti a fuggire in Niger, in Ciad, in Camerun: quali sono le difficoltà dei Paesi che li accolgono?

R. – Sono Paesi anch’essi che vivono situazioni di povertà, di instabilità a volte, e di fragilità. Quindi, anche in questo caso, dobbiamo aiutare - e siamo pronti a farlo - le Caritas locali, le popolazioni locali, proprio per rispondere ai bisogni primari delle popolazioni.

D. – Quanto è difficile per la Caritas coordinare gli aiuti nelle zone in cui la minaccia dei terroristi di Boko Haram è più forte?

R. – Ci sono delle zone in cui è stato dichiarato, dallo stesso governo nigeriano, lo stato di emergenza e ci sono delle zone difficilmente accessibili per quanto riguarda gli aiuti umanitari. Si cerca, fin dove possibile, di aiutare tutti e di essere vicino a tutte le popolazioni: sappiamo che - ad esempio - ci sono delle strutture della Chiesa che sono state messe a disposizione per ospitare, per accogliere gli sfollati. In questo momento si fa oltretutto molta attenzione all’evolversi della situazione umanitaria e al rischio che, a poco tempo dalle elezioni, non ci sia un aumento della violenza. È molto, molto importante seguire l’evoluzione della situazione: siamo qui, in questa riunione, per capire come poter rispondere al meglio ai bisogni.

D. – Non solo di Nigeria si parla in questo incontro; la crisi oggi investe tutta l’area centrafricana: come agisce la Caritas nella zona?

R. – Parliamo di Paesi che confinano con la Nigeria: possiamo far riferimento alla Repubblica Centrafricana, che vive da tempo un conflitto molto violento, che ancora oggi risente fortemente delle sue conseguenze e dove ancora c’è grande instabilità. Ma pensiamo anche al Ciad, al Niger: la Caritas è attiva in questi Paesi da molto tempo, con programmi di sicurezza alimentare, di coesione sociale, anche di “peace building”. Quindi il nostro fare rete, il nostro sentire i bisogni e operare per un piano comune su più Paesi, a livello regionale, è questo: poter rispondere ai bisogni primari nel modo migliore, ai bisogni che vengono dalle voci, dalle popolazioni locali e dalla Caritas locali.








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