"Io sono convinto che bisogna recuperare le categorie di 'amico' e 'nemico'. Gesù non dice affatto 'non abbiate nemici'. I nemici spesso esistono non perché sono io a deciderlo e neanche perché odiano me. Lo sono semplicemente perché se per esempio c’è una sparatoria, io non posso stare dalla parte di entrambi, non posso essere amico di tutti e due. Coloro che ammazzano il futuro dei giovani io li devo chiamare assassini, criminali perché altrimenti ci prendiamo in giro e diciamo delle bugie". P. Giovanni Ladiana SJ, Superiore dei gesuiti a Reggio Calabria, racconta una vita senza compromessi nel libro "Anche se tutti, io no. La Chiesa e l'impegno per la giustizia" (Laterza, 2015).
Il titolo riprende le parole di Pietro durante l’ultima cena. Ma sono anche le parole che hanno guidato alcuni gesuiti che hanno fatto resistenza al nazismo, finiti ammazzati o imprigionati, modello "di uomini che non si sono assuefatti al punto da diventare oche che marciano all’unisono - spiega Ladiana - e che mi hanno insegnato a come riprendere in mano la propria coscienza". Perché la questione non è non avere paura. "Io non sono una persona straordinaria che non ha paura. Certo che ce l'ho. Ma ho imparato a mettere attenzione su cosa muove il mio cuore, solo con questa disposizione si è al riparo dal senso del fallimento".
Risuonano le parole sulla corruzione pronunciate dal Papa a Scampia, dove Ladiana ha operato dal 1979 all’85. "Sono stato ordinato lì - racconta - la mia prima messa l’ho celebrata in una baracca di lamiera proprio lì. Era il periodo dell’emergenza della nuova camorra organizzata. La guerra era all’ultimo sangue. Accadde un giorno che alcuni erano riusciti a trovare l’amante di un boss locale. L’hanno fatta a pezzi bruciando, davanti ad una scuola elementare, l'auto su cui avevano esposto i suoi intestini. Da quell'episodio così cruento ho aperto gli occhi su una realtà che alle volte rischia di essere spiritualizzata, intellettualizzata. E' orrore ciò che fanno. E dobbiamo dirlo. E’ una guerra contro la libertà e la dignità".
La ndrangheta, la mafia più potente in Italia, a Reggio Calabria funziona da quarant'anni e Ladiana è sicuro che non riuscirà a vederne l'estinzione. "Ma il punto è proprio questo: non porsi l'obiettivo di 'come e quando' uscire da questa situazione bensì 'come' scegliere di vivere in questa situazione. Laddove il cerchio non si è ancora chiuso - avverte - bisogna agire con una grande responsabilità e come Chiesa tradurre ora in concreto il richiamo forte del Papa alla scomunica. Non è facile". Da dove arriva il maggiore consenso oggi alla 'ndrangheta? "Non più dalla Chiesa, anche se ancora ci sono segnali come l’inchino etc... Oggi il consenso è dato dalle professioni, avvocati, ingegneri, commercialisti...
Padre Ladiana sostiene il movimento 'Reggio Non tace', nato nel 2005: "In un momento in cui stanno venendo alla luce scandali su corsi per la legalità tenuti a pagamento, promossi da gente che poi si ritrova proprio nelle maglie della ndrangheta, noi teniamo invece corsi gratuiti, in orari scomodi, impegnativi. Non abbiamo vertici, agiamo in libertà, non c’è pericolo di cooptazione. Perciò diamo fastidio a tutti gli amministratori, di qualunque colore politico, i quali sotto banco ci vengono a chiedere voti. Noi resistiamo, finché non si rendono conto che devono avere i cittadini come interlocutori prima di prendere le decisioni".
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