2015-03-24 14:28:00

Calciopoli. Garancini: con reati prescritti non si fa giustizia


Il malfunzionamento della giustizia continua a essere una delle maggiori problematiche in Italia. Dopo una lunga discussione è arrivata la sentenza sul processo Calciopoli: i reati ci sono ma scatta la prescrizione. La vicenda riaccende le polemiche sul malfunzionamento della giustizia in Italia, come confermato dal professore di Storia del Diritto Italiano all’Università di Milano, Gianfranco Garancini, al microfono di Anna Zizzi:

R. – La prescrizione è una modalità per dare tempo prima agli inquirenti e poi ai giudici di fare bene il loro mestiere. Un processo che dura troppo e che quindi cade sotto la scure della prescrizione è un processo in cui i giudici hanno eccessivamente tirato in lungo le cose.

D. – E’ innegabile che a oggi la sfiducia sul funzionamento della giustizia nel nostro Paese sia molto forte. Questo ulteriore avvenimento che messaggio lancia?

R. – Il messaggio è che bisogna sempre stare molto attenti al bilanciamento degli interessi e dei valori e dei diritti che sono in campo. Da una parte, c’è certamente il diritto della società a difendersi dai criminali e pertanto di avere il tempo necessario per perseguirli, per fare le indagini e poi per fare i processi. Da quell’altra, c’è il diritto della società stessa di avere giudizi in tempo utile o di non avere un giudizio perché, come è successo con Calciopoli, il collegio giudicante dice: il reato c’è, ma non possiamo più perseguirlo perché è passato troppo tempo.

D. – Uno dei maggiori problemi è infatti il decorso dei processi esagerato. Quali sono le riforme che potrebbero essere fatte per uscire da questa condizione?

R. – Bisogna far funzionare la giustizia. Far funzionare la giustizia non vuol dire far funzionare i giudici: bisogna dare alla giustizia gli strumenti necessari, le risorse umane necessarie. Il nostro sistema di giustizia soffre di cronica mancanza di organici. Noi abbiamo, in Italia, percentuali di “scopertura di organici”, come si dice, altissime. Se non si fa in modo di fare funzionare la giustizia, ahinoi, la giustizia non funziona.

D. – Alla Camera si discute sulle modifiche al Codice penale in materia di prescrizione. Pensa che questo in qualche modo possa aiutare?

R. – Sarebbe come dire dare più tempo a un ammalato senza curarlo. Il problema è quello di dare le possibilità nei tempi riconosciuti dalla legge senza fare – come abbiamo fatto negli ultimi 20-30 anni – la "fisarmonica", di allungamento e di restringimento della prescrizione a seconda dei casi più o meno gravi o più o meno clamorosi, alla pubblica opinione. Il problema è far funzionare il meccanismo.

D. – Al tema molto dibattuto della giustizia si accosta nuovamente quello altrettanto discusso del calcio. Dopo il polverone iniziale, come sempre, tutto pare tornare alla normalità lasciando spazio a un clima di rassegnazione …

R. – In Italia, il calcio è uno degli elementi sociali più importanti. Gira una quantità enorme di quattrini. Anche il caso recente della squadra di Parma fa vedere come, in realtà, quei quattrini lì siano poco controllati o poco controllabili. Questo è il problema. C’è un’anomalia proprio nell’ambito dell’ordinamento, secondo me, cioè l’autonomia del diritto sportivo, l’autonomia della gestione delle problematiche interne dello sport da parte dello sport stesso.

D. – Anche il cardinale Bagnasco ha dichiarato che il malcostume e il malaffare sembrano diventati un regime talmente ramificato da essere intoccabile. Si può però reagire prendendo ognuno le proprie responsabilità …

R. – Il problema è che il malcostume e il malaffare sono in grado, oggi, di pagarsi l’impunità. E’ più facile eludere le leggi che applicarle.








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