2015-03-17 16:21:00

Renzi all'Anm: non accarezziamo i corrotti. Bufera su Lupi


Lo Stato dovrebbe prendere a schiaffi i corrotti e accarezzare i magistrati, e non il contrario: l'Associazione nazionale magistrati attacca così il governo Renzi, all’indomani dello scandalo che ha investito il Ministero dei Lavori pubblici, con l’arresto di Ettore Incalza e il coinvolgimento del ministro Lupi nell’inchiesta fiorentina sulle mazzette legate alle grandi opere. “E’ falso” risponde Renzi all’Anm, e spiega: il governo combatte “non per uno stato di polizia ma per uno stato di pulizia”. Il premier ha detto "no" alla prescrizione per il reato di corruzione. Intanto, il bersaglio ora è Lupi del quale le opposizioni chiedono le dimissioni, lui respinge le accuse ma dovrà riferire in aula al Senato su tutta la vicenda dei grandi appalti. Francesca Sabatinelli ha intervistato Alberto Vannucci, ordinario di Scienze politiche all’Università di Pisa e direttore del Master universitario di indirizzo al contrasto delle mafie e della corruzione, in collaborazione con Libera e Avviso Pubblico:

R. – Io credo che quello che emerge da questa vicenda sia, nello specifico, “l’attrazione fatale”, quindi il legame necessario tra grandi opere e grande rischio di corruzione. Si è parlato di una torta di circa 25 miliardi di euro che sarebbe gestita dai protagonisti di questa vicenda, ed è evidente che chi ha le conoscenze, le competenze tecniche per far sì che i ruoli di controllore e controllati, come emerge proprio in questa vicenda, si sovrappongano, è in grado di decidere in modo anche occulto la destinazione di questa enorme quantità di risorse pubbliche, anche attraverso forme di corruzione. E’ una sorta di tassa invisibile e occulta che distorce gli investimenti pubblici e arricchisce le solite cricche: questa è la corruzione, in Italia.

D. – Questa è la corruzione in Italia, e tipicamente italica…

R. – Quello che c’è di patologico in Italia sono le dimensioni della corruzione, il suo radicamento in certi processi di spesa pubblica, in particolare, purtroppo, ricorrente in tutte le grandi opere. Ma lo dicono tranquillamente alcuni dei protagonisti, degli imprenditori coinvolti anche nelle ultime inchieste: per certi tipi di lavori, per certi tipi di appalti, tipicamente quelli al di sopra di un certo livello, non ci si pone neanche il problema “se” dover pagare, ma ci si pone soltanto il problema di “chi” si deve pagare. Cioè, la tangente è la regola.

D. – Ma non ci si pone neanche il dubbio del rischio di essere perseguiti?

R. – Questa è un’altra delle anomalie italiane. A differenza di quello che accade in altri Paesi, quello che emerge proprio dalle statistiche giudiziarie è che il rischio per i protagonisti, anche per quelli che vengono coinvolti nelle inchieste e per i pochissimi che vengono condannati, di andare incontro ai rigori della legge, quindi la possibilità di scontare un solo giorno di carcere per coinvolgimento in questo tipo di reati, in Italia è una probabilità praticamente nulla. C’è stata una sorta di depenalizzazione di fatto di questo tipo di reati, per cui i protagonisti sanno che la probabilità di incorrere in una condanna e, ancora più bassa, la probabilità di andare in carcere, è praticamente nulla. Quindi, è evidente che questo incoraggia la partecipazione. Si può guadagnare molto da un lato e non si rischia quasi nulla dall’altro. E’ evidente che questo contribuisce a rendere sistemica la corruzione.

D. – Perché da Tangentopoli, con la società civile forse anche più attenta, perché le cose sembrano essere nettamente peggiorate?

R. – Non esiste nella storia delle democrazie occidentali una vicenda, uno scandalo di corruzione delle dimensioni e della portata, cioè con gli effetti prodotti da “Mani pulite” in Italia. Non se n’è usciti perché nel ventennio successivo la risposta della classe politica su questi temi è stata nei primi tempi balbettante, molto incerta, dopodiché, in modo vorrei dire scientifico, con precisione chirurgica, sono stati introdotti nel sistema una serie di accorgimenti di natura normativa, una serie di leggi, di processi di depenalizzazione o di depotenziamento di reati come l’abuso di ufficio, il falso in bilancio, l’accorciamento dei tempi di prescrizione – per citare solo gli esempi più eclatanti – che di fatto hanno contribuito a reintrodurre nel sistema condizioni che rendono alte le aspettative di impunità e aumentano le opportunità di profitto. E tutto questo ha prodotto anche un effetto devastante a livello di opinione pubblica, perché è chiaro che l’effetto qual è? La delusione, la disillusione, la sfiducia, la delegittimazione delle istituzioni che, paradossalmente, è una condizione che favorisce gli stessi corrotti.

D. – Ci si chiede a questo punto se la prossima approvazione del disegno di legge Grasso per fermare la corruzione possa essere una soluzione…

R. – Non è “la” soluzione. Può essere, a seconda dei suoi contenuti, che però sono ancora molto nebulosi, un primo passo nella direzione giusta. L’elemento di questo disegno di legge che viene più volte richiamato come di grande valore è l’inasprimento delle pene. Tutti gli studi ci dicono che rendere più severe le sanzioni non serve a nulla, perché il vero deterrente è la probabilità di incorrere in quelle sanzioni. Se quella probabilità, come ci dicono le statistiche giudiziarie, è quasi nulla è evidente che si possono inasprire quanto vogliamo le pene, ma l’effetto sarà minimo, quasi nullo. Io credo che bisognerebbe prendere sul serio le proposte che sono state formulate dal presidente dell’Autorità anticorruzione, Cantone, di utilizzare nei confronti di questa corruzione che sta assumendo sempre più spesso vesti simili a quelle della criminalità organizzata, alcuni strumenti che si sono rivelati particolarmente utili a contrastare, a smantellare alcune di queste organizzazioni criminali. Quindi: agenti sotto copertura, l’estensione dell’utilizzo delle intercettazioni, sistemi premiali per chi collabora con i magistrati, strumenti di confisca e di riutilizzo a beni sociali, come si fa con i beni delle mafie. Purtroppo, queste misure però sono assenti dal disegno di legge in discussione. Forse l’impegno c’è, ma andrebbe sicuramente rafforzato e reso più coerente e costante nel tempo.








All the contents on this site are copyrighted ©.