Nuovo ciclone tangenti sulle grandi opere. E’ finito in manette Ercole Incalza, ex dirigente del ministero dei Lavori Pubblici, che secondo la procura di Firenze, da anni condizionava gli appalti. Arrestati un suo stretto collaboratore e due imprenditori. Il ministro Lupi, piu' volte citato negli atti, si difende: mai chiesto favori. Per il premier Renzi servono pene più alte e prescrizione raddoppiata. Ma sentiamo Giampiero Guadagni
Un ”articolato sistema corruttivo che coinvolgeva dirigenti pubblici, società aggiudicatarie
degli appalti ed imprese esecutrici dei lavori”. Così i magistrati della procura di
Firenze fotografano lo scenario che ha portato alla maxi operazione condotta con i
carabinieri dei Ros: 50 indagati, tra i quali anche politici non di primissimo piano;
quattro gli arrestati, tra i quali Ercole Incalza, dirigente per 14 anni del ministero
dei Lavori Pubblici, attraversando sette governi, fino all'attuale nella veste di
consulente esterno. Il ministro Lupi lo definisce una delle figure tecniche più autorevoli
del Paese; e intanto nega di aver chiesto favori per il figlio, il cui nome compare
nelle carte dell'inchiesta.
Le accuse per tutti gli indagati sono: corruzione, induzione indebita, turbativa d’asta
ed altri delitti contro la Pubblica amministrazione. Nel mirino la gestione illecita
degli appalti delle cosiddette Grandi opere: dall'alta velocità del nodo fiorentino
fino ad alcune riguardanti l’Expo. Il comandante del Ros, Mario Parente, parla di
costi che lievitavano anche del 40 per cento grazie a questo tipo di direzione dei
lavori.
La maxioperazione proprio nella settimana in cui il Senato cerca l’accelerazione decisiva
sul disegno di legge anticorruzione, fermo in Parlamento da due anni. Pene aumentate
e prescrizione raddoppiata: così in serata il premier Renzi spiega in un tweet gli
obiettivi del Governo.
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