Papa Francesco ha rivolto il suo grido di dolore all’Angelus per gli attacchi compiuti ieri a Lahore in Pakistan contro due chiese cristiane, una cattolica e l’altra protestante. Numerose le vittime, almeno 14 finora, tra cui anche bambini. Tanti i feriti che versano in gravi condizioni. Hanno rivendicato l’attacco i miliziani di Jamaat-ul-Ahrar, un gruppo scissionista dei talebani. Ma ascoltiamo le parole del Papa:
“Con dolore, con molto dolore, ho appreso degli attentati terroristici di oggi contro due chiese nella città di Lahore in Pakistan, che hanno provocato numerosi morti e feriti. Sono chiese cristiane. I cristiani sono perseguitati. I nostri fratelli versano il sangue soltanto perché sono cristiani. Mentre assicuro la mia preghiera per le vittime e per le loro famiglie, chiedo dal Signore, imploro dal Signore, fonte di ogni bene, il dono della pace e la concordia per quel Paese, e che questa persecuzione contro i cristiani che il mondo cerca di nascondere, finisca e ci sia la pace”.
Sulle notizie che giungono dal Pakistan ascoltiamo padre Bernardo Cervellera, direttore di AsiaNews, al microfono di Sergio Centofanti:
R. – Le notizie sono terribili: sembra che siano due talebani che volevano entrare in chiesa. Hanno cercato di sparare per entrare in chiesa, ma delle guardie di sicurezza alla chiesa fortunatamente li hanno fermati, perché le due chiese erano stracolme di gente che pregava: almeno mille persone. Per cui, se fossero entrati in chiesa sarebbe stato un massacro enorme. E' stata una cosa terribile, perché la gente era in chiesa a pregare, perché è domenica! L’altra notizia che abbiamo è che cattolici e protestanti hanno fatto delle manifestazioni e continuano a farle perché criticano la mancanza di sicurezza da parte del governo – del governo del Punjab – che si trova sempre a dover combattere contro attacchi contro le chiese, contro moschee, violenze continue da parte – appunto – di talebani. Sembra poi – così dicono alcune testimonianze – che alcuni dei poliziotti che avrebbero dovuto essere a guardia di queste chiese, invece fossero in un bar a guardare una partita di cricket.
D. – Perché questi attentati, proprio adesso?
R. – Il governo pakistano è stato sempre ambiguo nei confronti dei talebani: da una parte li ha sempre protetti e ha dato loro ospitalità e rifugio, soprattutto nel Nord del Pakistan; nello stesso tempo, è alleato della comunità internazionale per combattere il terrorismo. E questo gioco continuo adesso è nel periodo in cui sta cercando di combattere il terrorismo. Purtroppo, i talebani sono diffusi ovunque nel Paese perché in tutti questi anni sono riusciti a fondare qualcosa come 20-25 mila scuole coraniche nelle quali si insegna l’islam fondamentalista e quindi ci sono fondamentalisti ovunque che combattono sia i cristiani, sia gli sciiti. Non dimentichiamo che – appunto – ci sono tantissimi attacchi anche a moschee sciite: praticamente, ogni settimana. E poi c’è anche un gruppo, dei cosiddetti “ahmadi” che sono un gruppo che si ispira un po’ a Maometto, un po’ all’islam, ma che è considerato eretico. Quindi, mi sembra che questi talebani pakistani, ormai – stiano emulando le azioni del sedicente Stato islamico.
D. – Quindi c’è un rischio di estensione di questo Stato islamico?
R. – Un rischio di estensione ma soprattutto di alleanze: infatti, lo Stato islamico è molto finanziato da alcuni Paesi del Golfo e quindi ha soldi a non finire, e questo porta tanti gruppi terroristi, tanti gruppi di fondamentalisti islamici a proclamare l’alleanza con loro per avere anche fondi, armi e così via.
D. – La situazione dei cristiani in Pakistan appare sempre più difficile: pensiamo anche i tanti che sono nelle carceri, accusati ingiustamente di blasfemia.
R. – Sì, perché questa ventata di fondamentalismo non permette mai una situazione tranquilla, per cui molti cristiani per una sciocchezza o con falsa testimonianza, vengono accusati di blasfemia contro il Corano, contro il Profeta, e subiscono il carcere. Non solo: spesso subiscono anche una esecuzione sommaria all’interno delle carceri, perché molte volte le stesse guardie carcerarie sono pagate per farli fuori.
D. – Il caso più noto è Asia Bibi: come sta?
R. – Di Asia Bibi si sa che per proteggerla da una possibile esecuzione extragiudiziaria è controllata giorno e notte. Sta in carcere: questa poverina prega, ogni tanto è visitata da parenti o da ong cristiane che la sostengono … Però non si trova un modo per risolvere il suo caso. Probabilmente, se si potesse fare questo processo di appello, la sua condanna a morte sarebbe cancellata. Il punto è che quando i giudici fissano l’appello, si formano subito manifestazioni di gruppi fondamentalisti che chiedono la sua morte. E spesso i giudici hanno paura e quindi aggiornano, rimandano continuamente questo processo d’appello.
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