2015-03-13 14:21:00

UE: aborto e nozze gay "diritti politici e umani". Belletti: precisa strategia


“Dopo le nozze gay, il prossimo passo è quello delle adozioni per queste coppie”. Così il presidente dei vescovi italiani, il cardinale Angelo Bagnasco, all’indomani del via libera del parlamento Ue alla Relazione su diritti e democrazia nel mondo, contente non solo un nuovo e più incisivo riferimento all'"aborto sicuro e legale" come "diritto inalienabile", ma anche un “incoraggiamento” agli Stati membri al riconoscimento delle unioni omosessauli in quanto “diritto politico e umano”. “E’ una battaglia ideologica, che travisa il significato dei diritti”, sottolinea in sintesi, Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari. L’intervista è di Gabriella Ceraso:

R. – Diciamo che siamo di fronte a una strategia molto di lungo periodo, che tende a introdurre elementi di una certa cultura – quindi la cultura dei diritti, la cultura individualistica delle persone… Di fatto, la cosa che un po’ disorienta è che è una cultura non relazionale, quindi questo tema dei diritti parla solo del singolo individuo slegato dalle relazioni e dalle responsabilità. Questi continui interventi di pronunciamenti generali di affermazioni di diritti sembra lascino il tempo che trovano, in realtà sono come singoli chiodi piantati in montagna durante una scalata. Poi ci si appoggerà a questi pronunciamenti per continuare a rappresentare questa vertenza, di fatto andando anche contro le regole interne dell’Unione Europea sulla sussidiarietà. Infatti, sul rispetto delle culture delle singole nazioni sul tema del matrimonio, sul tema dell’identità della famiglia, l’Europa si è autolimitata – dicendo che non tocca a lei ma tocca alle legislazioni nazionali – e poi con questi pronunciamenti va a smantellare la legittimità delle scelte nazionali. Ecco, qui c’è un gioco molto complicato, perché purtroppo sono oggettivi attacchi all’identità della famiglia.

D. – Il Papa, parlando al parlamento europeo a novembre, ha citato esattamente quello che lei diceva, cioè questo rischio di passare dal diritto umano al diritto individualistico. Cosa fare?

R. – Diciamo che il progetto culturale della famiglia all’interno dell’identità europea è un progetto di lungo periodo, è un progetto che ha di fronte una verità antropologica. Invece, queste nuove culture tendono a cavalcare la legge per cambiare la testa delle persone. Un po’ il contrario di quello che dovrebbe fare la legge: la legge dovrebbe essere espressione della volontà del popolo. Invece, così si vuole cambiare la testa delle persone. Tantissimi interventi sull’educazione al "gender" hanno proprio questa cultura esplicita: dobbiamo intervenire prima possibile perché la gente la pensi in modo diverso. E quindi si tratta di mantenere vigile il discorso pubblico, cioè bisogna riuscire a distinguere che un conto è rispettare i diritti delle persone, degli individui – e tutelarli quindi contro ogni atteggiamento di marginalizzazione e di violazione dell’integrità della persone – e un conto è andare a rivisitare alcune istituzioni fondamentali dell’umano. E la famiglia e la tutela della vita, sempre e comunque, sono due pilastri fondamentali di una società umana e equa. E’ questa la cosa preoccupante: che si vanno a deteriorare le fondamenta dell’umano. Dopo, se l’aborto diventa un diritto anziché essere giudicato come un’operazione negativa – al di là del fatto che sia possibile oppure no – e se la famiglia viene totalmente svuotata di significato si indebolisce radicalmente la protezione dell’umano.

D. – Come battersi, in maniera ovviamente pacifica e dialogante, per portare avanti le proprie idee, se non sono queste?

R. – Diciamo che il dibattito è sia a livello politico-istituzionale, poi c’è la battaglia culturale di convincimento, cioè far risuonare nel discorso pubblico – appunto – l’idea che la difesa della famiglia, la difesa della vita è un valore di progresso, è un valore di futuro, non è la difesa di un passato. E poi c’è un lavoro di testimonianza: cioè rifondare dal basso un popolo che, qualunque cosa pensino le élite che votano nei parlamenti, comunque alla vita e alla famiglia crede fino in fondo con la propria esperienza concreta. E questo popolo c’è. Dobbiamo essere più coraggiosi…








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