2015-03-13 14:12:00

Santa Sede: cristiani a rischio scomparsa in Medio Oriente


“Sostenere la radicata presenza storica” dei cristiani e di tutte le comunità etniche e religiose del Medio Oriente, di fronte alla minaccia terroristica. È il senso della dichiarazione congiunta di Santa Sede, Federazione Russa e Libano, presentata oggi al Consiglio dei diritti umani di Ginevra. Partecipa ai lavori, l’osservatore permanente della Santa Sede agli uffici Onu della città svizzera, l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi. Il servizio di Giada Aquilino:

Rischio di scomparsa completa dei cristiani in Medio Oriente
La “grave minaccia” rappresentata dal sedicente Stato Islamico (Daesh), da Al Qaeda e dai vari gruppi terroristici che operano in Medio Oriente, sta generando il “rischio di scomparsa completa per i cristiani” dalla regione, oltre a sconvolgere la vita di tutte le comunità locali. Questo l’allarme lanciato dalla dichiarazione - dal titolo “Sostenere i diritti umani dei cristiani e delle altre comunità, in particolare nel Medio Oriente” - firmata da 63 Paesi che così vogliono manifestare “una volontà politica positiva” per eliminare tali violazioni dei diritti umani, ha sottolineato l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi:

“Si cercano due strade diverse per arrivare a delle soluzioni. La prima è di sensibilizzare la comunità internazionale sui diritti umani di tutte queste categorie di persone, di queste comunità; e quindi nel Consiglio dei diritti umani si parla specificamente della situazione in Siria, del cosiddetto Stato Islamico, dell’Iraq e così via. E poi si cerca anche a livello informale - alcuni Stati importanti, come la Russia e gli Stati Uniti - di creare dei colloqui informali dove, al di là del diritto di veto che può esserci, per esempio, nel Consiglio di Sicurezza, si possano cercare dei compromessi, delle formule nuove, per arrivare a stabilire un cessate-il-fuoco: cioè far smettere finalmente la violenza, che tormenta da più di quattro anni questa regione”.

Abusi e conseguenze disastrose per le popolazioni
Nel mettere in luce la “pericolosa situazione che i cristiani devono affrontare” nella zona, il documento – riferisce l’osservatore permanente della Santa Sede - denuncia “gli abusi che vengono subiti da persone di qualsiasi appartenenza religiosa, etnica e culturale” che vogliono semplicemente esercitare la loro “libertà di religione e di credo, senza essere perseguitati o uccisi”. Il testo infatti evidenzia come la situazione di instabilità e conflittualità si sia recentemente “aggravata”, con “conseguenze disastrose” per l’intera popolazione mediorientale. “L'esistenza di molte comunità religiose è seriamente minacciata” e, si precisa, “i cristiani sono oggi particolarmente colpiti”: in questi giorni “anche la loro sopravvivenza è in questione”. Soffocati gli sforzi per costruire un futuro migliore di fronte a “violenza, odio religioso ed etnico, radicalismo fondamentalista, estremismo, intolleranza, esclusione, distruzione del tessuto sociale” che mettono “in pericolo l'esistenza stessa di molte comunità” e di quella cristiana “in particolare”:

“Parliamo degli atti barbarici di cui sono vittime i cristiani e non solo loro naturalmente, ma soprattutto loro. In questo caso volevamo fare risaltare l’abbandono in cui politicamente si trovano queste comunità cristiane, che sono vittime di decapitazioni, con persone che vengono bruciate vive, bambini che vengono ammazzati, donne e piccoli venduti al mercato come schiavi. Davanti a questa situazione, abbiamo voluto sottolineare che i diritti umani di queste persone sono uguali a quelli di tutte le altre persone”.

Contributo dei cristiani
La fotografia di tale realtà è fatta di “milioni di persone” sfollate e costrette a lasciare le loro “terre ancestrali”, per gruppi terroristici che compiono “violazioni dei diritti umani”, “repressione” e “abusi”. In questo quadro, “decine di chiese cristiane” e antichi luoghi di culto di “tutte le religioni” sono stati distrutti. Eppure il contributo dei cristiani in Medio Oriente è indubbio:

“La presenza cristiana nel Medio Oriente - dal Libano, alla Siria, alla Palestina, a Israele, all’Iraq - è una presenza che continua dai tempi apostolici. I cristiani costituiscono il fermento di una vitalità unica nella regione e contribuiscono con la loro presenza a un senso di pluralismo che rende possibile lo sviluppo della democrazia. Perché senza questa presenza c’è, appunto, il pericolo che venga imposta un’uniformità tale che non lasci spazio a sviluppi democratici. Il diritto di rimanere nelle loro case e nelle loro proprietà per i cristiani come per le altre comunità religiose - sciiti, sunniti, yazidi, alawiti - è qualcosa che è indipendente dalla credenza religiosa: è un diritto che viene alle persone. Sono cittadini come tutti gli altri, con gli stessi diritti e gli stessi doveri”.

Seri timori per comunità cristiane
Ci sono, quindi, sempre più motivi “per temere seriamente per il futuro delle comunità cristiane, che hanno oltre duemila anni di esistenza in questa regione”:

“L’idea è di creare non una posizione politica, ma una sensibilità umanitaria di rispetto dei diritti delle vittime della violenza, particolarmente dei cristiani, nella regione del Medio Oriente. Perché se non si fa qualcosa per loro - la possibilità che i loro diritti come cittadini vengano rispettati, che possano ritornare alle loro case: il diritto quindi di ritorno per i rifugiati - c’è il serio pericolo che le comunità, ridotte al minimo già adesso dopo più di un secolo di continuo dissanguamento, spariscano completamente e che il Medio Oriente, la regione dove Gesù è nato, dove il cristianesimo ha cominciato a svilupparsi, diventi una regione del mondo vuota della testimonianza e della presenza cristiana”.

Pluralismo è arricchimento
I promotori e i firmatari auspicano quindi che a loro si uniscano “i governi e tutti i leader civili e religiosi del Medio Oriente” per affrontare tale “allarmante situazione” e “costruire insieme una cultura di convivenza pacifica”: nel nostro mondo globalizzato – concludono – “il pluralismo è un arricchimento”. Un Medio Oriente “senza le diverse comunità” significa dunque un Medio Oriente che rischia “nuove forme di violenza, esclusione e assenza di pace e sviluppo”.








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