2015-03-10 16:30:00

Quadrio Curzio: spingere su domanda, Qe rischia di non bastare


“L'Italia contribuirà al piano Juncker con un una iniziativa di Cassa depositi e prestiti per 8 miliardi di euro". Così il presidente del Consiglio Matteo Renzi, con riferimento al piano di investimenti per la crescita. Secondo la Bce nella sola giornata di ieri, esordio del quantitative easing, l'istituto di Francoforte e le altre banche centrali dell'Eurozona "hanno comprato 3,2 miliardi di titoli del settore pubblico".Ciononostante le borse hanno reagito in modo tiedpido. Alessandro Guarasci ha sentito l’economista Alberto Quadrio Curzio:

 

R. – Senza una spinta effettiva sulla domanda, anche attraverso un intervento di opere pubbliche sostenute su scala europea, non basterà questa inondazione di liquidità per rimettere in attività tanta disoccupazione e quindi, di conseguenza, anche i consumi delle famiglie. È un momento molto delicato; spero che l’Europa, soprattutto con il piano Junker, dia un segnale forte attraverso azioni sulle infrastrutture.

D. – Il piano Junker non le sembra un po’ sottodimensionato rispetto a quelle che sono le reali esigenze del vecchio continente, soprattutto della parte Sud del continente?

R. – Dal punto di vista dei numeri è sottodimensionato, perché cifre più accreditate parlano della necessità di duemila miliardi di investimenti infrastrutturali. In primo luogo, lo stesso piano Junker ha ricevuto proposte per 1300 miliardi rispetto ai 315 miliardi messi in circolo ipoteticamente dal piano stesso. In secondo luogo, arrivare anche a 315 non sarà facile con questi tempi lenti e con una procedura che confida su un moltiplicatore molto alto, perché alla fine le risorse vere messe dentro il piano Junker sono 20 miliardi e si spera che ne vengano mobilitati 315. È una speranza; dire che sia una certezza sarebbe un azzardo.

D. – Torniamo un attimo al quantitative easing, perché la Germania continua ad essere dubbiosa, e in qualche modo paragona questo strumento agli Eurobond. Lei cosa risponde?

R. – Capisco i dubbi della Germania, ma ritengo che tra quantitative easing ed Eurobond vi sia una differenza abissale. Il primo, erogando liquidità al sistema creditizio confida che questo la giri poi all’economia reale, siano esse imprese famiglie; i secondi, raccoglierebbero sui mercati prevalentemente liquidità - ce ne è moltissima - ma non per girarla in modo generico al sistema bancario affinché alimenti il credito ad imprese e famiglie, bensì - lo ripeto - per finanziare investimenti infrastrutturali europei o nel contesto europeo. I cosiddetti progetti “transeuropei”  - come dicevo prima – parlano di duemila miliardi di necessità di investimenti nella banda larga, nel sistema delle reti elettriche e in un ammodernamento dei sistemi di trasporto . Questo non vuol dire fare infrastrutture invasive, ma rendere meno invasive quelle che ci sono. Questo sarebbe l’uso degli Eurobond. Quindi siamo in un universo completamente differente. È difficile capire come si faccia a confondere due entità così diverse.

 








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