2015-03-09 16:59:00

Violenza sulle donne: Chiese cristiane si mobilitano


Un'iniziativa lanciata dalle Chiese evangeliche italiane, subito raccolta dalla Chiesa cattolica e che ha conquistato rapidamente l'adesione di altre realtà cristiane sul territorio. Si tratta di un "Appello ecumenico alle chiese cristiane contro la violenza sulle donne", firmato, in modo congiunto, questo pomeriggio al Senato da dieci organismi che fanno capo ad altrettante Chiese cristiane. 

Mancata sensibilizzazione è "peccato d'omissione"

"Le Chiese cristiane possono su questi temi compiere un passo in avanti importante, perché, attraverso l'educazione e la formazione, hanno la possibilità di raggiungere, in Italia come altrove, moltissime persone", spiega don Cristiano Bettega, direttore dell’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Conferenza episcopale italiana (Cei). "Su questi temi la nostra sfida è non abbassare mai la guardia nella formazione delle coscienze e nella sensibiliazzazione. Anche nella formazione di noi pastori, dei membri della gerarchia, e dei laici". "Bisogna ricordare - sottolinea don Bettega - che la gran parte delle violenze sulle donne vengono commesse tra le mura domestiche e che sulla sensibilizzazione su questi temi viene commesso un vero e proprio peccato di omissione. C'è il rischio che il dispiacere di fronte alle notizie di violenza sulle donne non si traduca poi in una mobilitazione concreta, all'interno delle comunità cristiane, per evitare questi episodi. Bisogna invece lavorare perché si diffonda sempre più una cultura di rispetto, delicatezza e accoglienza e di uguaglianza reale, pur nelle differenze e nella complementarietà". "Nutro grande speranza - conclude don Bettega - che la firma odierna di questo appello dia nuovo slancio al cammino ecumenico nazionale per la creazione di un tavolo di confronto continuo, non solo occasionale".

Serve più autocritica nelle chiese cristiane

"Abbiamo lavorato insieme ai cattolici, con la sensazione che si debba ripartire da capo su questo tema, al di là della reale emergenza, per portare un nuovo messaggio alla società e ai membri delle nostre chiese", spiega, da parte sua, Maria Bonafede, pastora valdese, membro del Consiglio della Federazione delle Chiese evangeliche d’Italia (Fcei). "Dobbiamo diffondere un messaggio forte che, alla luce dell'Evangelo, costruisca amore fraterno, rispetto reciproco, rinomini la persona umana come immagine di Dio, e quindi inviolabile". "Ma serve anche - aggiunge la Bonafede - una forte autocritica su questi temi da parte delle chiese cristiane, perché questa violenza avviene in famiglie di tradizione, bene o male, cristiana. Dunque è un problema 'nostro' su cui ci dobbiamo interrogare, chiedendoci che tipo di messaggio dobbiamo portare e quale messaggio abbiamo portato finora". "E' dunque un appello - precisa la Bonafede - rivolto a istituzioni, società civile, mass-media, ma soprattutto alle chiese, quindi a noi stessi, per il compito e la possibilità che abbiamo di parlare a tantissime persone. Perché questa preoccupazione ci porti a rivedere i nostri messaggi. Il cristianesimo ha, infatti, giocato un ruolo importante nella formazione delle nostre famiglie e, in particolare, nella creazione di una visione in cui l'uomo è il capo e la donna deve tacere e così via. Occorre, cioè, fare mente locale anche sull'esegesi biblica per elaborare un messaggio che sia di pieno rispetto della dignità della donna".  








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