2015-03-02 14:30:00

Manifesto delle Seconde Generazioni: "L'Italia sono anch'io"


Rendere pubbliche le proposte delle associazioni di migranti attive sul territorio italiano. Questo l'obiettivo del "manifesto delle Seconde Generazioni, presentato oggi a Palazzo Madama. Sulle motivazioni che hanno portato alla stesura del documento Anna Zizzi ha sentito il direttore generale dell’Immigrazione, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Natale Forlani:

R. – Il "Manifesto delle Seconde Generazioni" nasce da un’iniziativa che il Ministero del Lavoro ha promosso un anno e mezzo fa, circa l’indagine sull’associazionismo degli stranieri in Italia. All’interno di questa iniziativa, abbiamo riservato una particolare attenzione alle associazioni nate come “seconde generazioni”. Nell’ambito di questa attività abbiamo coinvolto alcune associazioni che hanno costruito, dal basso, un’idea di manifesto che poi si è concretizzata nei mesi scorsi. Il manifesto è proprio caratterizzato dai contenuti dell’integrazione con proposte molto precise nell’ambito scolastico, dell’inserimento lavorativo e nel mondo sportivo, dove viene proposta la cittadinanza sportiva cioè il diritto di chi è nato in Italia o che si trova da molto tempo in Italia, di partecipare a tutte le competizioni sportive nazionali e rappresentare il nostro Paese in ambito internazionale.

D. - Quante sono le associazioni che hanno partecipato alla stesura del Manifesto?

R. - Sono 32 associazioni che hanno, a loro volta, dato luogo ad un forum aperto, una consultazione online, che ha coinvolto anche singole persone che hanno partecipato alla consultazione sulla formazione e sulla validazione del Manifesto; queste, poi hanno costituito un forum di coordinamento che si propone di seguire passo passo l’attuazione di queste proposte che sono inserite nel Manifesto. Teniamo conto che al Parlamento c’è una legge sulla cittadinanza degli stranieri -  molto avanzata in termini di elaborazione - che ha possibilità di essere concretizzata anche in tempi rapidi.

D. - Ad oggi come si potrebbe valutare il livello di integrazione in Italia?

R. - Abbiamo un livello di integrazione che è assolutamente in linea con gli indicatori dei Paesi che hanno una tradizione di accoglienza molto più lunga della nostra o oppure hanno avuto - come nel caso della Germania o del Belgio - una tradizione di emigrazione di tipo europeo alla quale hanno partecipato anche gli italiani. La nostra accoglienza è stata molto rapida, però i numeri sono diventati consistenti. È un esperimento originale, nonostante questa velocità e gli indicatori d’ integrazione scolastica e lavorativa sono molto buoni.

D. - Quali sono gli ambiti in cui c’è maggiore difficoltà di integrazione e quelli in cui invece la difficoltà è minore?

R. - L’ambito dove si è realizzata una rapidità di integrazione più elevata è sicuramente quello lavorativo. È vero che presenta caratteristiche di occupazione in un ambito delle qualifiche medio–basse; oggi queste persone, invece, non solo fanno lavori specializzati, ma il dieci percento della popolazione ha anche promosso imprese. In ambito scolastico ci sono due contraddizioni: abbiamo fenomeni di alta capacità di integrazione dei minori che sono nati in Italia, e fenomeni legati invece ai ragazzi che sono venuti in Italia con i ricongiungimenti famigliari e che scontano il problema di integrazione scolastica, la differenza di lingua e - non di rado - anche problemi di analfabetismo che hanno accumulato nei Paesi di origine.








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