2015-03-02 15:19:00

Mali, speranze di pace con i Tuareg: in gioco autonomia del Nord


Un accordo di pace si profila per il Mali, tra il governo di Bamako e i ribelli Tuareg, che da tre anni ormai occupano militarmente le regioni del Nord. La bozza d’intesa è stata firmata ieri ad Algeri, mediata dall’Algeria insieme a delegati di Burkina Faso, Mauritania, Niger, Ciad, Unione Africana, Organizzazione per la cooperazione islamica, comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas), Unione Europea e Nazioni Unite. Presenti alla cerimonia della firma anche diplomatici di Stati Uniti e Francia. Roberta Gisotti ha intervistato Enrico Casale, giornalista della rivista “Africa” dei Padri Bianchi:

Una pacificazione comunque lontana per il Mali, i tempi previsti ad Algeri per un accordo definitivo vanno dai 18 ai 24 mesi. L’intesa è stata inoltre rifiutata da diversi gruppi ribelli. Enrico Casale quali possibilità di successo di questa mediazione durata ben otto mesi?

R. – Credo che alla fine anche i gruppi ribelli ostili all’intesa rientreranno. Un accordo di pace può essere infatti proficuo per rilanciare l’area che è stata devastata dalla guerra civile. Il punto nodale sul quale si dovrà ancora trattare è quello dell’autonomia, Scartata l’ipotesi dell’indipendenza i Tuareg chiedano maggiore autonomia, che il governo di Bamako stenta a concedere: nell’accordo che è stato firmato si parla infatti di consulte regionali con poteri, ma non con una vera e reale autonomia.

D. – Nell’accordo si parla pure di trasferire nel 2018 agli enti locali il 30 per cento delle entrate dell’amministrazione di Bamako …

R. – Quella del 30 per cento è una prima idea di autonomia - se non altro finanziaria - che viene garantita. Teniamo presente che le regioni del Nord sono le più sottosviluppate, un po’ perché si tratta  di  un vastissimo  territorio desertico, un po’ perché c’è sempre stata tensione tra Bamako e le regioni del Sud, dove vivono le popolazioni nere africane e il Nord dove vivono in maggioranza le popolazioni tuareg.

D. – Il ruolo della Francia…

R. – Il ruolo della Francia è molto importante, primo perché è l’ex potenza coloniale. In secondo luogo perché ha sempre mantenuto una forte presa sulle sue ex colonie; in terzo luogo perché quell’area è particolarmente strategica – si trova ai confini tra Mali e Niger – perché lì si concentrano grandi risorse naturali; parlo soprattutto dell’uranio ma anche – si dice, anche se non è certo – che siano stati travati dei giacimenti petroliferi.

D. – Qual è la situazione del Mali oggi dal punto di vista umanitario?

R. – Ci sono ancora molti rifugiati all’estero, profughi all’interno del Paese e comunque le zone del Nord non sono ancora totalmente pacificate. I reparti francesi rimangono al Nord per combattere non tanto i Tuareg, quanto quelle cellule di fondamentalismo islamico che si sono inserite nella lotta tra il governo di Bamako e i Tuareg.

D. – Una pace a questo punto desiderata da ambo le parti?

R. – Sì, secondo me si arriverà alla pace, anche se non soddisferà completamente entrambe le parti, perché questa guerra ha veramente messo in ginocchio le regioni del Nord. Va tenuto presente che queste si basavano molto anche sul turismo; pensiamo soltanto alla città di Timbuctu o alle crociere sul fiume Niger … Risorse che sono andate perdute, perché l’instabilità allontana il turismo che è una fonte preziosa per quelle aree. Non solo, ma da parte dei Tuareg c’è anche la volontà di allontanare da sé l’idea che le rivendicazioni delle regioni del Nord appartengano a questi gruppi fondamentalisti islamici. La maggior parte dei Tuareg – penso al Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad, uno dei principali movimenti Tuareg – non sono fondamentalisti: sono islamici ma non fondamentalisti, quindi non hanno un ottimo rapporto, anzi per niente buono, con queste frange estremiste che si sono insinuate in questa lotta.








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