2015-02-19 13:18:00

Ucraina: filorussi a Debaltsevo. Kiev: è ritiro. Violata tregua


La tregua nell’Ucraina dell’est non regge. Oggi confronto telefonico tra i leader di Russia, Germania e Francia, e appunto Ucraina, ma non è stata presa in considerazione l’ipotesi di mandare Caschi Blu nel Paese. Nella parte orientale del Paese, malgrado il cessate il fuoco 14 soldati ucraini sono stati uccisi e 172 feriti nelle ultime 24 ore nei combattimenti con i ribelli filo-russi. Oltre 90 soldati, poi, sono stati fatti prigionieri a Debaltsevo, lo strategico nodo ferroviario conquistato ieri dai ribelli filorussi nell'est ucraino, mentre resta ignota la sorte di altri 82 militari. 

Sul significato della conquista del nodo ferroviario da parte dei separatisti, a metà strada tra Lugansk e Donetsk, ascoltiamo Luciano Bozzo, docente di Relazioni internazionali all’Università di Firenze, intervistato da Giada Aquilino:

R. – La conquista non è un fatto inatteso, poiché trattasi di un nodo ferroviario importante e posto a collegare due aree che erano già occupate dalle forze indipendentiste filorusse. Di fatto, questo però è anche il risultato di quell’ambiguità degli accordi per il cessate-il-fuoco che purtroppo, dal punto di vista delle aree controllate e della definizione delle medesime, poco o nulla dicono lasciando aperto lo spazio per un ulteriore proseguimento delle operazioni militari.

D.  – Quindi, l’aspetto strategico sta proprio in questo?

R. – Esattamente, la località in questione ha un’importanza essenziale proprio come punto di passaggio e di collegamento tra zone che erano già sotto il controllo delle forze filorusse e quindi anche da un punto di vista strategico e tattico era da attendersi questo sviluppo. Naturalmente, si prefigura evidente una violazione del cessate-il-fuoco, ma dovuta proprio a quell’ambiguità degli accordi che era già stata messa in rilievo da molti osservatori all’atto stesso della firma o immediatamente dopo.

D.  – Il presidente ucraino, Poroshenko, ha chiesto il dispiegamento dei caschi blu dell’Onu nell’est del Paese, ma l’appello è subito stato bocciato da Mosca. "Minsk-2" cosa prevede in effetti a proposito di un coinvolgimento internazionale?

R. – Il coinvolgimento dell’Onu, così come quello dell’Osce, sarebbe possibile nel momento in ci fosse un’effettiva situazione di tregua tra le parti, riconosciuta, consolidata, in modo che sia possibile schierare sul terreno truppe di interposizione perché altrimenti ci troveremmo nella situazione paradossale di truppe che diventerebbero oggetto possibile, potenziale, degli attacchi degli uni e degli altri. Si troverebbero "in mezzo" letteralmente. Più che di Onu, il riferimento era stato fatto alla possibilità di intervento di truppe di interposizione dell’Osce, in una situazione di effettivo cessate-il-fuoco sul campo, cosa che in questo momento è nient’affatto scontata.

D.  – Jet dell'esercito britannico hanno intercettato e affiancato nelle ultime ore due caccia russi a largo delle coste della Cornovaglia. Oggi Londra, col ministro della Difesa, Michael Fallon, ha criticato Mosca, dicendo che potrebbe portare alla destabilizzazione anche dei Paesi Baltici ed ha invitato la Nato a essere pronta: si può temere un allargamento della crisi ucraina?

R. – Non lo escluderei affatto. Credo che la crisi ucraina sia preoccupante, che ci siano possibilità di escalation. La Gran Bretagna, per i suoi legami tradizionali, storici con gli Stati Uniti, per la sua fedeltà atlantica, è evidente che punti a un maggiore decisionismo e a una maggiore determinazione dell’Alleanza atlantica nella crisi in questione. Non sono affatto certo che una tale maggiore determinazione sarebbe positiva ai fini di una risoluzione della crisi, perché temo che avrebbe, potenzialmente, l’effetto di aumentare i pericoli di escalation.

D.  – Tali rischi di destabilizzazione riguarderebbero l’Estonia, la Lituania, la Lettonia?

R. – Quei Paesi si trovano in una situazione delicatissima, perché sono confinanti con un gigante politico e militare qual è la Federazione Russa e - avendo visto quello che è successo in Georgia nel 2008 e essendo diretti testimoni adesso di quello che sta avvenendo nelle regioni orientali dell’Ucraina - si sentono direttamente minacciati. Difficile dire, anche se alcuni analisti lo sostengono,  che Putin e la politica estera di sicurezza della Federazione Russa mirino a ristabilire un controllo su questi Paesi o su parte dei medesimi. Però posso capire che la percezione nazionale dei tre Stati sia esattamente quella di una crescente minaccia alla sicurezza nazionale. Naturalmente questi Paesi in seno alla Nato, assieme in particolare alla Polonia, sino ad oggi hanno puntato per ottenere una maggiore presenza, un maggiore intervento, una presa di posizione più forte dell’Alleanza atlantica rispetto alla crisi in corso, premendo sul patron dell’Alleanza, sugli Stati Uniti.








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