2015-02-13 11:29:00

Giornata mondiale della radio 2015 su giovani e innovazione


La Radio è “un vettore di coesione e di lotta alla discriminazione”: così Irina Bukova, direttrice dell’Unesco, per l’odierna Giornata mondiale della radio. L’iniziativa si svolge quest’anno sul tema “Giovani e innovazione”. Per l’occasione, la Radio Vaticana, che ieri ha compiuto 84 anni, riceve a Madrid il “Premio Internazionale dell’Accademia Spagnola della Radio”. Il servizio di Massimiliano Menichetti:

Una piattaforma di condivisione universale in cui i giovani devono trovare il loro posto per potersi esprimere. E’ la sfida lanciata dal World Radio Day 2015 che quest’anno mette al centro dell’attenzione proprio i giovani. Il prof. Giovanni Puglisi presidente della Commissione italiana Unesco:

R. – Il cuore di questa giornata evidentemente sono i giovani e il bisogno che hanno oggi di comunicare. Uno dei drammi principali della gioventù è il chiudersi in sé, il mettersi davanti ad Internet, cercando chissà che cosa… Mentre la radio, la voce, è molto importante: l’ascolto, oltre che il parlare.

D. – Mettersi ad ascoltare, uscendo dalle frenesie: un po’ questo sta dicendo?

R. – L’ascolto è una parte fondamentale della comunicazione. Saper ascoltare è la cosa più difficile nel mondo contemporaneo, un poco per il frastuono che c’è intorno, un poco per l’abitudine all’egoismo. La radio insegna a saper ascoltare.

D. – Nell’era della comunicazione digitale, dove c’è tanta interattività, la radio ha ancora un posto?

R. – La radio ha un posto perché è una porta aperta sul mondo, soprattutto il mondo che tu senti. Internet è un mondo muto, spesso. I giovani cercano il dialogo, non cercano soltanto l’esternalizzazione delle loro curiosità.

D. – Nel mondo la radio, anche in tanti Paesi magari meno sviluppati, è anche veicolo di formazione, oltre che in informazione…

R. – La radio può essere una forma di insegnamento, di formazione a costo zero, che diventa poi quella più forte e più diffusa, più convincente. Oggi il mondo ha bisogno di queste espressioni e di queste forme.

La radio è uno strumento prezioso che non morirà mai ed è insostituibile in alcuni contesti come quello africano. Così padre Fabrizio Colombo, oggi direttore del Signis, l’Associazione cattolica mondiale per la comunicazione, già responsabile in Ciad dell’emittente diocesana:

R. – Posso veramente attestare che la radio sia il medium dell’Africa. E’ vero che i social network, telefonini, eccetera, stanno arrivando, però rappresentano – soprattutto nel mondo rurale – solamente il 18 per cento. Nel mondo rurale, almeno il 76 per cento della popolazione ascolta la radio. E’ importantissimo, perché la radio in Africa è un metodo per cambiare la vita e anche la società. E’ un medium che può essere effettivamente la voce dei senza-voce: il lavoro che facevo io era proprio di cambiare la prospettiva del microfono in cui non parlavano gli esperti, ma essendo una radio comunitaria, parlava la comunità.

D. - A chi davate voce concretamente?

R. - Dai bambini che venivano sfruttati, dalle donne che venivano maltrattate, a persone vittime di infrazioni di diritti umani … Una radio, perciò, che era per la gente e della gente. Una radio che cercava anche di promuovere i giovani, facendoli diventare protagonisti. Quindi, tutte queste cose facevano sì che la radio diventasse una specie di centro intorno al quale girava tutta la società, il villaggio, la comunità. Queste sono strutture a cui la gente si appella, anche per difendere i propri diritti. Questo grande  impegno per l’uomo, spesso, viene dalla Chiesa cattolica e per la gente la radio diventa veramente un rifugio: difendersi,  per trovare speranza.

D. – Come viene ascoltata la radio?

R. – Praticamente, in Fm. Pochissime radio hanno la possibilità di trasmettere in Am o in onde corte, anche perché l’Fm è un metodo veramente popolare: dall’agricoltore che la mattina va nei campi e l’appende all’albero prima di iniziare a lavorare, allo studente che negli intervalli, oppure finita la scuola, si accende la sua radiolina … Quindi, Fm è la tecnologia più usata.

D. – Dunque, evangelizzazione, difesa e promozione dei diritti umani, formazione. Secondo lei qual è la sfida, il futuro della radio?

R. – L’impegno è sempre quello: quello di essere la voce dei senza-voce. Credo che con Papa Francesco si apra una porta che per noi che facciamo radio era già spalancata, cioè: non ha senso fare una radio nella quale dove dall’alto di una piramide scendono cose sulla testa della gente. Noi abbiamo sempre cercato di essere, i portavoce di coloro che non hanno voce, di coloro che sono emarginati. Quindi l’impegno sociale è per la giustizia, per la pace, per il dialogo interreligioso, per la risoluzione dei conflitti: questa è una priorità e la grande sfida che continua. Ma oggi direi di più: il tema della giornata mondiale ci dà lo spunto. E’ tempo e dobbiamo sviluppare sempre di più questa voce dei giovani, cioè far spazio ai giovani perché portano creatività, portano cambiamento, che a volte può essere anche un po’ critico, però è importante perché alla fine, futuro del mondo sono – appunto – i giovani.

D. – Com’è una struttura radio che lavora in un contesto come quello africano?

R. – La struttura interna è abbastanza semplice: non abbiamo tantissimo personale, si cerca di essere il più tecnologici possibili; allo stesso tempo, cerchiamo di includere i grossi network. Ad esempio, dove io lavoravo in Ciad avevamo un’antenna che captava le trasmissioni della Radio Vaticana in partnership con la Bbc World Service. Uno poteva trovare l’expertise dei grandi network e allo stesso tempo la voce locale. Si accontentavano un po’ tutti. Questa era la formula che avevamo trovato. Però in generale possiamo dire che le strutture sono sempre abbastanza semplici, noi davamo priorità soprattutto alla creatività.

D. – C’è ancora questa radio?

R. – Si chiama Radio Lotiko , esiste ancora; “lotiko” in lingua locale vuol dire “wake up”, sveglia, è tempo di svegliarsi e di non restare assopiti, anche per quanto riguarda i problemi: “wake up”, cerchiamo di risolverli insieme alla luce dl Vangelo.

La radio, inoltre, precisano al Signis, è il mass-media che si adatta meglio di ogni altro alle nuove frontiere digitali. Oggi questo mezzo in Europa sta utilizzando nuove tecnologie come il Dab Plus, ma la radio del futuro non sarà più analogica? Mauro Roffi responsabile della storica rivista italiana “Millecanali”:

R. – Attualmente in Europa c’è una situazione a macchia di leopardo rispetto al mondo televisivo,  dove – fra l’altro – la trasformazione al digitale è stata una scelta comunitaria: c’è stato una specie di obbligo complessivo per tutti i Paesi dell’Unione che ha determinato il passaggio al digitale. La situazione radio è decisamente più complicata, perché ci sono alcuni Paesi dove il processo è abbastanza avanti, come la Gran Bretagna e la Germania; ma ce ne sono altri, come l’Italia, dove la situazione è molto problematica. Sono molti anni che si cerca di iniziare almeno il discorso, perché quando si parla di Dab ancora oggi la gente non sa bene cosa sia. Rispetto al panorama televisivo però c’è una differenza fondamentale: per la trasmissione video lo “switch off” è stata una tappa obbligata poiché le frequenze di trasmissione coincidevano e da una certa data non si è più trasmesso in analogico. Nel caso radiofonico non sarà così, perché l’Fm trasmette autonomamente rispetto al Dab Plus, il digitale radiofonico, e quindi nei prossimi anni ci sarà probabilmente una convivenza. Il passaggio al digitale in Europa sarà un’operazione molto lunga e complessa, diciamo inimmaginabile, per ora, a livello mondiale.








All the contents on this site are copyrighted ©.