2015-02-11 12:26:00

Embrioni congelati. Mons. Pegoraro: offrire possibilità di vita


E’ necessaria una riorganizzazione della legge per tutelare la vita nascente, la donna e la coppia. Così in sintesi mons. Renzo Pegoraro, cancelliere della Pontificia Accademia Pro Vita, sul caso di una vedova cinquantenne che ha ottenuto dai giudici di Bologna la possibilità di impiantare un embrione concepito 19 anni fa. Massimiliano Menichetti ha intervistato lo stesso mons. Pegoraro:

R. – In questo caso specifico, gli embrioni esistono già, sono creati 19 anni fa e poi congelati. Il problema che si pone è anche quello di offrire una possibilità di poter nascere. Quindi, da un lato c’è questa possibilità, una soluzione positiva e, dall’altro, dopo 19 anni, anche da un punto di vista strettamente medico, tecnico, è molto improbabile la riuscita. Inoltre, c’è l’età ormai della donna, quasi cinquantenne, e il fatto di essere rimasta vedova: un assetto di coppia e di famiglia cambiato rispetto a 19 anni fa.

D. – Lo ribadiamo, questa situazione si è generata prima dell’entrata in vigore della legge 40 che regola la materia …

R. – Infatti la legge 40 prevedeva che ogni ciclo si concludesse in sé e tutti gli embrioni ottenuti venissero immediatamente impiantati, evitando embrioni congelati, proprio per evitare situazioni come queste dove tutto poi si complica.

D.  – La legge 40  nel tempo è stata smantellata a colpi di sentenze, c’è la necessità di una nuova riorganizzazione?

R. – Condivido la necessità di una riorganizzazione e sistematizzazione della materia con una regolamentazione più attenta, più precisa e anche di maggior tutela dei soggetti coinvolti, specialmente della vita nascente, degli embrioni, ma anche della donna della coppia e della famiglia nel suo insieme. La legge 40 aveva posto limiti per avere tutele più precise. Adesso ci si trova in questa situazione di smantellamento dell’impianto complessivo della legge e il fatto che poi ogni tribunale possa decidere caso per caso senza che ci sia un criterio generale più preciso.

D. – Di nuovo siamo di fronte a una realtà dove si congela una vita, si lascia in uno stato di sospensione: non si sa cosa accadrà …

R.  – La legge 40 voleva evitare questo che non ci fossero embrioni soprannumerari e non venissero congelati come è accaduto. Nel caso della signora il problema si è creato 19 anni fa. Adesso come uscirne e come almeno tentare di offrire questa possibilità agli embrioni che già esistono e la madre è la loro?

D. – La Chiesa è per il rispetto della vita, quindi è contraria a ogni manipolazione, invece sostiene la lotta alla sterilità. Eppure molti continuano sulla via che viene definita come “il figlio ad ogni costo”…

R.  – Credo che tante volte le tecniche abbiano spinto verso una direzione più sbrigativa ed efficace perdendo di vista tutto quello che può essere proprio il compito della medicina attento anche a un’ecologia umana e un rispetto umano di prevenzione della sterilità o di cure ormonali, chirurgiche che possano dare risultati nel rispetto della procreazione umana in quanto tale.

D.  – Secondo lei è necessaria una riflessione profonda in materia?

R. – In ogni caso una riflessione è necessaria da un punto di vista etico e da un punto di vista normativo, legislativo: un’etica che sostiene un approccio alla procreazione in termini di responsabilità, di tutela dei più deboli, in particolare del concepito, della stessa donna, della sua corporeità e anche una normativa più precisa, perché aver smantellato la legge 40 ha aperto tutta una serie di varchi che diventa poi difficile governare.








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