2015-02-10 14:32:00

Foibe, Bellaspiga: ricordarle non conveniva a nessuno



"Perché la strage di undicimila infoibati e l'esodo giuliano-dalmata di trecentocinquantamila persone restano tra le pagine più dimenticate della storia italiana? Ma perché non è mai convenuto a nessuno ricordarle". Lo afferma Lucia Bellaspiga, giornalista e scrittrice, inviata di Avvenire, chiamata, come esule di seconda generazione, a tenere il discorso di commemorazione a Montecitorio nel 'Giorno del ricordo', di fronte al presidente Mattarella.   

Un 'furto' da tenere nascosto

"Ricordare quei fatti - spiega - non conveniva alla Jugoslavia e a tutto il blocco comunista, perché erano gli artefici della strage". "Non conveniva agli alleati, vincitori della seconda guerra mondiale, proprio perchè erano alleati di Tito, mentre noi eravamo gli sconfitti"."Ma, ahimé, per anni, non è mai convenuto ai governi italiani, per un motivo venale. Tutto il Paese, essendo risultato sconfitto dopo la Seconda guerra mondiale, aveva un debito di 125 milioni di dollari di danni di guerra che pagò proprio utilizzando i beni, mobili e immobili, solo degli istriani e dei giuliano-dalmati". "Era quindi chiaro che l'Italia non avesse interesse a far emergere questo 'furto' colossale", spiega la Bellaspiga. "Faccio presente - aggiunge - che l'Italia, pur pagando i suoi debiti di guerra con le case, i negozi, i campi e le attività economiche di questa fetta di italiani, promise in cambio un risarcimento che oggi - a settant'anni di distanza - è arrivato solo al 5%".

 

"Come giornalista - spiega Lucia - mi sono sempre appassionata alle vicende di ingiustizia e ho sempre cercato di dare voce a chi non ce l'ha". "In questo caso, però, conosco molto bene queste drammatiche vicende perché mia madre fu una degli esuli che, nel 1947, dovettero imbarcarsi e scappare da quelle terre, insieme ad altri trecentocinquantamila italiani, per salvarsi dal genocidio delle foibe". "Il 25 aprile 1945 il resto d'Italia festeggiava, con grande gioia, la liberazione del nazi-fascismo e accoglieva gli anglo-americani. In quel lembo orientale d'Italia abitato dai giuliano-dalmati, invece, come 'liberatori' arrivarono i partigiani rossi di Tito". "Iniziò quindi - spiega la Bellaspiga - il periodo del terrore". "Non c'era nulla da festeggiare. Bisognava solo scappare, con il poco che si aveva. Perdere tutto: non solo una vita di lavoro, ma la quotidianità. La scuola, gli amici, il primo amore, i parenti, il tessuto sociale, perfino le tombe dei propri cari al cimitero. In una parola: perdere le radici".   

Ricordare per riconciliarsi

Il 'Giorno del ricordo' può diventare davvero seme di riconciliazione? "Deve assolutamente esserlo", spiega Lucia Bellaspiga. "Altrimenti questi eventi diventano solo un polveroso 'amarcord', vittimistico e lamentoso. Devono essere invece occasioni per la riconciliazione, così come ci ha sempre chiesto l'ex-presidente Napolitano". "Per me, intervenire alla cerimonia ufficiale al Parlamento, di fronte al presidente Mattarella", conclude l'inviata di Avvenire, è una grandissima emozione. "Mi commuove che la scelta sia caduta su di me. E' la prima volta che a parlare in quest'occasione è un'esule di seconda generazione come me, una figlia dell'esodo e non un sopravvissuto". "E questo - aggiunge - mi sembra un modo per guardare al futuro". "E poi è bello che, per la prima volta, parli una donna, è un fatto che mi onora molto".        
     








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