2015-02-08 10:00:00

No alla tratta: suor Bonetti, anche il Papa ha acceso luce


Come ricordato da Papa Francesco all'Angelus, nella festa di Santa Giuseppina Bakhita - schiava sudanese liberata e divenuta religiosa canossiana, canonizzata nel Duemila da San Giovanni Paolo II - si celebra questa domenica in tutte le diocesi del mondo la prima Giornata internazionale di preghiera contro la tratta di persone. L’iniziativa è promossa dai Pontifici Consigli della pastorale per i migranti e gli itineranti e della giustizia e della pace, dalla Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, assieme alle Unioni internazionali dei superiori e superiore generali. Vuole essere la risposta all’appello del Papa a contrastare questo fenomeno e a prendersi cura delle vittime. Ieri il Pontefice, incontrando suor Eugenia Bonetti, presidente dell’associazione ‘Slaves no more’ che si occupa di lotta alla violenza sulle donne, ha partecipato all’iniziativa “Accendi anche tu una luce contro la tratta”, attraverso un tablet collegato al sito www.slavesnomore.it. Lo ha reso noto la stessa suor Bonetti, che al microfono di Marina Tomarro parla della dolorosa piaga della nostra società:

R. – La tratta di esseri umani è un crimine contro l’umanità perché toglie alla persona la possibilità di vivere la sua vita, di fare della sua vita una realtà che ogni persona ha diritto di avere. La tratta è qualcosa veramente di grave, di gravissimo: nel 2015 abbiamo ancora 21 milioni di schiavi! La tratta vuol dire proprio rendere le persone schiave della loro vita, del loro destino, del loro futuro, quindi privarle di quello che è essenziale per ogni persona: vivere liberamente nella loro capacità di poter gestire la loro vita e il loro futuro. Se noi vogliamo davvero abbattere questa schiavitù, dobbiamo rompere tutti gli anelli di questa catena. E allora potremo davvero dire: no, non abbiamo più schiavi. Ma fino a quando non avremo il coraggio di spezzare questi anelli che formano questa terribile catena, noi continueremo ad avere schiavi.

D. – Ma chi sono questi nuovi schiavi? Chi coinvolge la tratta oggi?

R. – Questi nuovi schiavi li abbiamo in casa nostra, non abbiamo bisogno di andare tanto lontano! Li vediamo, li conosciamo, però facciamo finta di niente. Capire soprattutto cosa vuol dire la terribile schiavitù che può essere per le donne la schiavitù sessuale; per i bambini: privarli dell’opportunità di andare a scuola, di poter avere una vita serena, di poter giocare, solo perché magari devono guadagnare; per i lavoratori: pur di avere 4 soldi accettano anche un lavoro sottopagato. Dobbiamo davvero insieme cercare di capire che non abbiamo più la possibilità di dire: non so, non conosco, non mi interessa. Solo se lavoreremo insieme, tutti uniti, potremo davvero spezzare uno ad uno gli anelli di questa terribile catena, per dire: non più schiavi ma fratelli.

D.  – Cosa si può fare per salvare queste persone da un tremendo destino?

R. – Ciascuno ha una responsabilità. I governi hanno una responsabilità. La Chiesa ha una responsabilità. I singoli cittadini hanno responsabilità. La formazione nelle scuole... Noi dobbiamo cambiare la nostra mentalità, la nostra cultura: fino a quando avremo una cultura dell’interesse, del possesso, del piacere, della vita facile nostra a dispetto della situazione degli altri, non riusciremo mai a spezzare queste catene. Dobbiamo veramente convincerci che tocca a ciascuno di noi. Non deleghiamo agli altri.








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