2015-02-07 14:04:00

Slovacchia: tre referendum per la famiglia. Incoraggiamento del Papa


Oggi in Slovacchia è il giorno dei tre referendum sulla difesa della famiglia: i quesiti riguardano la definizione della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, il no all’adozione per le coppie omosessuali e la libertà educativa contro l'imposizione della teoria del gender nelle scuole. I referendum sono stati promossi dalla Alleanza per la famiglia, un cartello di associazioni che operano nell’assistenza sociale e nel sostegno a famiglie e bambini in difficoltà, in risposta al pressante “colonialismo ideologico” denunciato da Papa Francesco, che mercoledì scorso ha incoraggiato gli slovacchi  "a proseguire nell’impegno in difesa della famiglia, cellula vitale della società”. Sul significato di questi referendum e sulle eventuali ripercussioni in Europa, Marco Guerra ha intervistato Filippo Savarese, portavoce della Manif pour tous Italia:

R. – Il popolo sta capendo che cosa c’è dietro questo pensiero unico dominante e cioè il fatto che si vogliano cambiare millenni di antropologia, millenni di cultura per le società. Il popolo si sta mobilitando e, dopo tutta un’altra serie di iniziative in Europa, anche la Repubblica Slovacca ha deciso di anticipare questa forte tendenza ideologica, che veramente – si può dire – si aggira per l’Europa, e indire questo referendum fondamentale per invitare il popolo a rispondere a queste domande: il matrimonio tra un uomo e una donna è degno di essere tutelato e protetto nella Costituzione? Al matrimonio tra un uomo e una donna possono o non possono essere paragonate altre formazioni sociali diverse? I bambini hanno diritto ad avere un papà e una mamma? La famiglia deve essere libera di educare i propri figli? Speriamo – noi della Manif pour tous Italia – che il popolo slovacco dica forti ‘sì’ a queste domande. In questo senso la decisione della Slovacchia di indire questo referendum è fondamentale, perché sempre più Paesi lo fanno e in questo modo la Corte europea dei diritti dell’uomo e la Corte europea di giustizia non potranno mutare il loro indirizzo a piacimento sul matrimonio e non potranno dunque imporre agli altri Stati di cambiare la loro legislazione.

D. – Il Papa ha parlato di colonizzazione ideologica…

R. – Sì, ormai le forze culturali e filosofiche che cercano in tutti i modi di imporci questa ideologia gender, questa ideologia dell’indifferentismo sessuale, per cui uomo e donna sono costrutti culturali, che non hanno niente a che fare con la reale natura della persona, queste spinte sono ormai dovunque. Dall’alto si cerca di calarle attraverso risoluzioni politiche del Parlamento europeo, e già dal basso le amministrazioni locali deliberano finanziamenti pubblici per andare nelle scuole a raccontare che la persona ha una identità di genere fluida, indefinita. Ma, grazie al lavoro di tante associazioni, tra cui noi della Manif pour tous, riusciamo a respingere spesso questi attacchi, grazie a genitori sempre più informati, sempre più consapevoli dei loro diritti e delle loro libertà educative. E noi continuiamo ad andare avanti così, certissimi che una volta sapute le cose, la partita è vinta.

D. – Certi commentatori affermano che la Slovacchia, l’Italia, questi Paesi restano gli unici a non aver modificato la propria legislazione. Si può smentire questa affermazione?

R. – Negli ultimi 15, 20 anni, più di dieci Paesi dell’Unione Europea hanno sancito a livello costituzionale la difesa del matrimonio tra un uomo e una donna e il diritto dei bambini ad avere un papà e una mamma. Solo per dire: negli ultimi anni, nel 2012, è stata la Slovenia con un referendum a bocciare una riforma del codice di diritto di famiglia, che apriva a queste nuove forme ideologiche di istituzione matrimoniale o paramatrimoniale. Nel 2013, in Croazia, è stato promosso un referendum uguale a quello che si svolgerà il 7 febbraio in Slovacchia, per inserire anche qui la tutela della famiglia nella Costituzione. Non solo, ma anche in quei Paesi dell’Europa occidentale o del mondo anglosassone, che hanno approvato le modifiche al diritto di famiglia, lo hanno sempre fatto sull’onda di una spinta ideologica, non popolare, non sociale, ma anzi quando questo è avvenuto, sempre all’interno della società, ci sono state delle fratture, delle proteste, delle manifestazioni fortissime che ancora continuano. Questo, quindi, per dire che non esiste il progresso inevitabile su questi temi, e che è solo una questione di tempo. Quando le persone si accorgono che è in atto una rottamazione ideologica dell’istituto familiare, si alzano in piedi e scendono in piazza.

D. – Uno dei quesiti del referendum, che si svolge in Slovacchia, è proprio sull’educazione, sulla possibilità di escludere i propri figli da corsi scolastici sul gender e l’educazione sessuale…

R. – Assolutamente. La libertà educativa sarà l’oggetto del contendere dei prossimi anni. Tra che cosa? Tra il potere dello Stato, della società, della politica e la libertà della famiglia. La libertà educativa è quella libertà che permette ad una generazione di consegnare a quella successiva i valori e il patrimonio che sono stati necessari per mantenere questa stessa libertà. Non è un caso che tutti i totalitarismi ideologici, quando hanno dovuto impadronirsi del controllo della società, hanno tagliato di netto la libertà educativa della famiglia.

D. – Sta crescendo, quindi, la consapevolezza nel resto d’Europa su queste tematiche?

R. – Sì, noi abbiamo un collegamento diretto con tutte le realtà che combattono la stessa battaglia in tutta Europa. Abbiamo sentito in queste settimane gli amici della Slovacchia, che si sono uniti in un’alleanza per la famiglia: li abbiamo aiutati, abbiamo dato loro del materiale e abbiamo mandato loro delle foto di supporto e dei video da far girare. Siamo in contatto costante ovviamente con la nostra “madre”, la Manif pour tous francese; siamo in contatto con gli spagnoli; siamo in contatto con i polacchi. Noi vediamo che l’aria in Europa sta cambiando, senz’altro, perché tutto quello che è successo negli ultimi decenni è stato a causa di una mancanza di mobilitazione, e ancora prima una mancanza di informazione e dell’impostazione di una riflessione seria, pacata e laica sul valore della famiglia e sui diritti dei figli.








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