2015-02-07 13:37:00

Roma Eur a luci rosse. Ramonda: scelta violenta e maschilista


Il Comune di Roma ha dato il via libera: entro aprile sarà realizzata nel quartiere dell’Eur la prima zona a luci rosse, una o due strade dove la prostituzione sarà tollerata senza il rischio di sanzioni a carico dei clienti e dove agiranno operatori sociali in funzione antisfruttamento che si occuperanno anche di controlli sanitari sulle donne. Il progetto costerà cinquemila euro al mese. Roberta Barbi ha raccolto il commento di Giovanni Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII che da anni si occupa del recupero delle schiave della strada:

R. – Questa mattina ho mandato un tweet proprio dicendo così: nessuna donna nasce prostituta, c’è sempre qualcuno che ce la fa diventare, in questo caso sono i clienti e il racket. Quindi “no” secco a queste zone perché sono la vergogna dello Stato: sono il degrado del non riconoscimento della dignità della donna. Lo Stato deve lavorare insieme, con le sue forze, quindi utilizzare i soldi per polizia, questura, operatori sociali, perché la dignità della donna venga difesa.

D. – Secondo i promotori questa sperimentazione combatterà lo sfruttamento sessuale e il degrado: è davvero possibile sconfiggere un fenomeno incoraggiandolo?

R. – No, non è così. Noi siamo in Olanda, ormai da diversi anni, dove la prostituzione è legalizzata. Già nel 2003, l’allora sindaco di Amsterdam aveva detto che le zone rosse, la prostituzione anche nelle case chiuse, erano un fallimento perché era sempre in mano al racket. È una fantasia, questa, che verrà debellata, perché ancora di più viene potenziata questa cultura che è lecito usare e abusare del corpo della donna, acquistandolo con il denaro. Questo è importante soprattutto per i giovani: è una scelta maschilista, è una scelta violenta, una scelta che educa i nostri giovani a considerare la donna un oggetto.

D. – La Comunità Papa Giovanni XXIII da anni è impegnata su questo fronte e lega strettamente il fenomeno della prostituzione a quello della tratta…

R. - Si legano perché il fenomeno della prostituzione è solo il secondo, come interessi economici, a quello del traffico della droga. Ormai nel mondo globalizzato l’economia sposa tutti questi mercati della tratta del lavoro schiavizzato, della tratta della vendita degli organi dei minori, della tratta con sfondo sessuale, della tratta che alimenta i bambini soldato… C’è una globalizzazione violenta che va combattuta attraverso, certamente, un’azione intelligente anche dei governi, però anche attraverso leggi molto ferme. Non è che perché abbiamo macchine veloci non mettiamo limiti sulle autostrade!

D. – Don Benzi diceva, appunto, che nessuna donna nasce prostituta, mentre questa proposta sembra affermare che, eliminato il problema dello sfruttamento da parte dei protettori, sia un lavoro come un altro…

R. – Quando si dice che la prostituzione è il lavoro più antico del mondo è una bugia perché è l’ingiustizia più grande del mondo. Quando uno commette un omicidio sopprime una persona: non è che perché da millenni si compiono gli omicidi, per questo sono leciti. Una cosa o è giusta o non è giusta, o è un bene o è un male: il problema è oggi questa incapacità di distinguere tra il bene o il male.

D. – Quando la sperimentazione sarà avviata, se la prostituzione sconfinerà in altre strade del quartiere, si promettono grosse multe. Sono sufficienti le sanzioni economiche come deterrente? Come si può agire, davvero, sui clienti?

R. – Molti dei clienti, purtroppo, sono mariti, sono padri di famiglia. Certamente il deterrente economico è uno, ma non è l’unico. Come è stato fatto in Svezia, il deterrente più grande è che vengano resi noti: se è così indifferente la cosa, perché non si fa sapere ai familiari? Vediamo se c’è un consenso sociale così grande! È un vizio che va estirpato e va chiamato con il suo nome. Perché non facciamo zone delimitate, virtuali, dei clienti? Diciamo quali sono i clienti che vanno a prostitute. Per altri reati quando uno viene condannato, viene anche allo scoperto, no?

D. – Se non ci fosse qualcuno che sfrutta, non ci sarebbe nessuno da sfruttare…

R. – L’educazione è la base. Qua c’è una responsabilità, secondo me, anche della Chiesa nell’educare all’affettività, alla bontà della sessualità. Diciamo che se all’interno anche della coppia coniugale c’è una vita affettiva, sessuale sufficientemente adeguata, molti potrebbero anche non andare a cercare prostitute. Però, mentre facciamo un lavoro preventivo ed educativo, non possiamo permettere che, se non viene utilizzata l’intelligenza, venga permessa la violenza.








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